Genitori giù le mani da borsoni sportivi
e zaini di vostro figlio
La tua performance è come uno zaino. Se sono gli altri a prepararlo tu non sarai mai pronto.
Athýke
L’altra mattina stavo tornando da una passeggiata al parco quando a un certo punto la mia attenzione è stata catturata da una scena che destava la mia curiosità.
Una sfilza di genitori accompagnavano con un’andatura frettolosa i propri figli a scuola. Una routine quotidiana scandita dalla poca voglia di alzarsi la mattina presto dei bambini, con un età compresa tra i sei e i dieci anni, che trascinavano i propri corpi assonnati in direzione della scuola. Qualcuno invece saltellava contento sicuro che la giornata gli avrebbe riservato qualcosa di bello. Mentre i genitori, preoccupati di arrivare tardi al lavoro, li esortavano ad accelerare il passo. Un abbraccio. Un bacio al volo e un ultimo sguardo pieno d’amore ad accompagnarli fino a quando non oltrepassavano il portone.
In tutta questa apparente normalità, i miei occhi cadono accidentalmente sullo zaino. Anzi…per la precisione, quello che noi una volta chiamavamo zaino e lo portavamo in spalla, adesso con il progresso, è diventato un trolley. Di certo più comodo per trasportare tutto il materiale scolastico.
La cosa però che ha destato il mio stupore è constatare che la maggioranza dei genitori si occupava di portare il trolley. Su una scala da zero a dieci solo un bambino trasportava il suo zaino. Moltiplicato su un’intera popolazione scolastica, ti lascio immaginare la percentuale molto bassa di bambini autonomi.
La riflessione
La scena però provoca in me una riflessione e mi sono chiesta: vuoi vedere che anche nello sport i genitori preparano e portano i borsoni?
Fino a quel momento per me era un dato scontato. Fin da quando ho cominciato a praticare ginnastica ritmica, mi sono preparata la borsa sempre da sola. Può essere che la primissima volta abbia avuto anche il supporto dei miei genitori. Di certo però sono stata sempre autonoma.
Quando poi ho cominciato a giocare a softball, il mio principale divertimento era eseguire gesti tecnici “plastici” tuffandomi come se fossi in una piscina al posto del prato e della terra rossa. Per me non era partita se non avessi sporcato la mia divisa per una buona causa: prendere la palla a tutti i costi. Ti lascio immaginare in che condizioni tornavo a casa. Pessime. Tant’è che quando capitava alle volte di restare in panchina, i miei dubitavano che fossi andata veramente a giocare.
Il punto è che alla fine, quando tornavo a casa, al massimo il giorno dopo, io ero responsabile della mia divisa. Nessuno poteva toccarmela. Comprese le scarpe e tutto il materiale richiesto nella mia disciplina. Per me era diventato un rito imprescindibile. L’azione non riguardava soltanto il risultato finale dell’ottenere tutto pulito e profumato. Era molto di più. In quell’azione c’erano inclusi anche i miei pensieri. Meditavo sulla partita, sull’emozioni vissute sia dentro al campo, sia fuori. Sulle giocate spettacolari e sugli errori commessi. Le risate e gli scherzi con le mie compagne di squadra. Mentre staccavo i grossi pezzi di terra rossa incastrati tra i tacchetti delle mie scarpe, ripensavo a quanto avevo corso il più velocemente possibile per conquistare quel punto importante per la mia squadra. Ero orgogliosa. Tutti i lunedì sempre lo stesso rito. Seguito poi dalla preparazione del venerdì del borsone che preannunciava l’arrivo della partita.
E per lo zaino a scuola….era la stessa storia. Libri, quaderni e compiti erano affar mio.
Per tutte queste ragioni ho dato per scontato, sbagliando, che il borsone, come lo zaino, fossero preparati dai bambini e dai ragazzi…perché la scena ho scoperto ripetersi anche in età avanzata.
Grazie a questo episodio inaspettato ho cominciato a verificare con i miei atleti giovani la storia del borsone. Premesso che non seguo atleti giovani se anche in genitori non accettano a loro volta di essere affiancati in un percorso sportivo proprio per dargli gli strumenti per supportare al meglio il proprio figlio-atleta, devo dire di aver riscontrato qualche caso. L’intenzione di aiuto non si discute. La comprendo. Occorre essere consapevoli però che così facendo si preclude al figlio-atleta ti tante cose.
Partendo dal presupposto che i genitori sono i primi allenatori dei propri figli, sempre restando in tema sportivo, così facendo li stanno allenando :
- A Non assumersi la responsabilità delle proprie azioni
- A essere pigri perché tanto c’è qualcun’altro che lo fa per loro
- A rendergli tutto facile
- A non saper scegliere o prendere una decisione.
- A non essere autonomo
- Ad arrivare in gara…poco concentrato.
È impossibile portare un atleta giovane al successo senza la collaborazione dei genitori proprio perché sono loro gli allenatori principali frequentandoli tutti i giorni. Motivo per cui li considero un tassello importante nella performance perché con il loro comportamento o con atteggiamenti o parole non adatte per un atleta, possono incidere sul risultato finale sia in positivo, sia in negativo.
Come dico sempre a chi ha scelto di fare questo percorso con me, li considero parte dello staff. Mi ritengo fortunata perché i genitori che mi scelgono sono molto collaborativi e quando parto con la storia del borsone pur restando a bocca aperta, comprendono le motivazioni e accettano con fiducia.
5 motivi per cui il borsone è responsabilità di tuo figlio
Come già avrai intuito dalla storia personale che ho raccontato i motivi per cui è importante che bambini/e e ragazzi/e devono prepararsi il borsone da soli sono diversi. Te ne elenco almeno cinque essenziali:
- Se dimenticano qualche accessorio, impara subito la lezione e prossima volta starà più attento
- Diventa responsabile della sua prestazione
- Per la mente è un chiaro segnale che si sta preparando alla gara
- Impara a prendere decisioni
- Attiva la concentrazione
Le obiezioni spesso sono del tipo: ma si tratta di una gara importante… e se dimentica l’accessorio come fa? È proprio questo il punto. C’è la tendenza a evitare a tutti i costi che commettano errori come se fosse la peste del secolo. Invece alla loro età devono sbagliare il più possibile. Prima sbagliano e prima imparano.
Non potrò mai scordare quella volta in cui, stavolta nel ruolo di arbitro ( si oltre l’atleta e l’allenatore ho avuto il privilegio di ricoprire anche questo ruolo), in una partita di softball giovanile mista, mi è stato chiesto sia dal genitore, sia dall’allenatore, di soprassedere sul fatto che il giocatore avesse dimenticato la conchiglia e quindi di farlo giocare lo stesso. Inoltre, visto che non concedevo l’autorizzazione, si rivolgevano entrambi al figlio-atleta dicendogli che era colpa dell’arbitro “cattivo” che non voleva farlo giocare.
In questo episodio ci sono tre insegnamenti gravi:
- Delegare la responsabilità di una propria mancanza all’esterno
- Insegnare che le regole non meritano rispetto
- Che la propria sicurezza fisica viene dopo il gioco
Non solo il genitore ha preparato il borsone dimenticando un accessorio importante. Non gli ha insegnato a prepararselo da solo. In più scarica la colpa sugli altri.
Secondo te che tipo di atleta diventerà in futuro?Un atleta con un atteggiamento mentale da perdente. E poi crescendo queste agevolazioni vengono alimentati in altro modo, pensando di fare una cosa giusta, si formano atleti mentalmente pigri e privi di qualsiasi motivazione. Tanto hanno tutto pronto.
In tutto questo ovviamente entra in gioco anche l’allenatore che, non dimentichiamoci, in quel momento riveste anche il ruolo di educatore. Una responsabilità enorme.
Poiché io credo nello sport, nei suoi valori e nel suo insegnamento e ci credo a 360 gradi in ogni ruolo che ricopro compreso l’arbitro, ho spiegato al piccolo giocatore la motivazione. Questione di sicurezza e di rispettare il regolamento. Anche se a malincuore ha capito. Alle volte parlare con i bambini è più facile che parlare con gli adulti. Infatti, genitore e allenatore, continuavano a guardarmi come l’unica responsabile dell’infelicità del proprio figlio-giocatore.
A tal proposito vorrei ricordare che i bambini imparano dagli adulti. Ci osservano di continuo. Sono delle spugne. Motivo per cui consiglio vivamente la lettura di questo libro: I bambini imparano ciò che vivono di Dorothy Law Nolte
Ecco al descrizione:
E se dovesse dimenticare qualcosa?
Ritornando alla preparazione del borsone spesso i genitori mi fanno questa obiezione: E se dovesse dimenticare qualcosa del materiale essenziale per la gara?
“Pazienza”, rispondo sempre io. “Avrà imparato la lezione e prossima volta non accadrà”. Che poi anche qui… c’è una distorsione della realtà su come valutare l’importanza di una gara. Seguendo diverse discipline in giro per l’Italia, ho visto scene assurde anche in tornei amichevoli. Peggio ancora dove in palio c’era la “Coppa del nonno”. E anche qui poi ci si lamenta che gli atleti hanno troppa pressione. Caspita non sono liberi di divertirsi neanche in queste occasioni, importanti tralaltro per mettere in pratica consigli tecnici-mentali e acquisire esperienza.
Se invece togliamo loro questo tipo di allenamento mentale… avranno problemi in futuro a rapportarsi con l’errore. Avranno paura di sbagliare. Si sentiranno giudicati.
Preparare il borsone sportivo o lo zaino della scuola è
un allenamento mentale eseguito attraverso l’azione del corpo.
Immaginando la mente come un enorme rete stradale, in questo modo permettete a vostro figlio-atleta di creare una strada consapevole.
Se invece lo preparate voi questa strada non esiste. Non verrà mai costruita e lui non si sentirà capace di fare niente da solo senza il vostro aiuto.
In tutto questo incide anche il carattere, Ovviamente. Ma resta il punto principale:
lasciate che i vostri figli si preparino il borsone da soli.
Conclusione
Mi sono resa conto che la maggior parte dei genitori che oggi hanno figli-atleti pensando di avere dei campioni in casa, non sono stati mai degli atleti. Non sanno cosa vuol dire vivere la vita di atleta. Non hanno vissuto quell’esperienza. Si limitano a giudicare la prestazione criticando per il risultato sia il figlio, sia gli allenatori senza neanche conoscere la disciplina. Pensano… di sapere. Ma non sanno. Cercano di interferire di continuo sulla scelta tecnica rendendo il compito degli allenatori difficile. Alcuni hanno scelto, giustamente, di proibire la loro presenza in piscine, palazzetti durante gli allenamenti, perché intervengono senza motivo e disturbano.
Come l’allenatore non deve entrare nelle competenze del genitore, allo stesso modo il genitore non deve entrare nelle competenze dell’allenatore. Entrambi lavorano per l’obiettivo comune di fare il meglio per il figlio-atleta. Questo binomio funziona quando tutti condividono gli stessi valori.
Quelli che hanno a cuore la crescita del figlio/a intuendo che lo sport allena alla vita, si sono messi in gioco perché hanno preso consapevolezza di aver bisogno di nuovi strumenti di comunicazione e supporto nella gestione della sua vita sportiva, nel rapporto con gli allenatori e nella separazione del ruolo di genitore-educatore da genitore-sportivo.
E ci sono anche quei genitori che pur essendo stati degli atleti si rendono conto che devono mantenere una relazione genitore-figlio senza intromettersi troppo nella vita sportiva delegando all’esterno gli strumenti pratici dell’allenamento.
Ecco i ringrazio di cuore tutti questi genitori perché regalano a se stessi e ai propri figli, la grande opportunità di acquisire strumenti che allenati nello sport serviranno poi anche in altre aree della vita.
E ringrazio tutti i genitori che nonostante le difficoltà di oggi sia lavorative, sia di organizzazione famigliare e quant’altro, si impegnano ogni giorno per permettere ai propri di figli di praticare sport.
E non è scontato!
Grazie
Aurora
(immagini tratte da Canva)
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