Carolina Ioannou la quiete dopo la tempesta
“Lasciate che la libertà regni. Il sole non tramonterà mai su una così gloriosa conquista umana”
Nelson Mandela
Oggi ho scritto per te un breve racconto liberamente ispirato alla vicenda della pallanuotista Carolina Ioannou 21 anni, giocatrice di serie A1 dell‘Ekipe Orizzonte Catania. Per una serie di circostanze legate allo svincolo sportivo è rimasta bloccata senza giocare per l’intera stagione. Di questo caso ne hanno parlato tanto i giornali perché di fatto, quello dei cartellini, è un argomento comune in tante discipline e colpisce soprattutto il settore giovanile.
A prescindere quindi dallo sport che pratichi, ti riguarda molto da vicino perché purtroppo è una prassi consolidata che esiste dalla notte dei tempi. Il pericolo più grande che mi sta a cuore, è che giovani appassionati di sport come te possano smettere non avendo la forza per superare una prova così dura.
Ecco perché ti racconto la storia di Carolina che si intreccia con quella del suo capitano Tania Di Mario, attualmente la pallanuotista italiana più forte di tutti i tempi (leggi qui l’intervista su di lei). Tania infatti pur annunciando il suo ritiro dopo la seconda medaglia olimpica vinta a Rio 2016 con il Setterosa, è scesa nuovamente in acqua per protesta. Per dare un segnale forte su ciò che andrebbe cambiato. Un gesto che rappresenta un vero atto d’amore nei confronti della pallanuoto che aldilà delle medaglie vinte fanno di lei una Campionessa di stile da cui puoi imparare se vuoi essere un vincente anche tu.
Non mi interessa ritornare sull’episodio. Voglio invece mettere in evidenza un altro aspetto che mi ha incuriosito molto, osservando i protagonisti della storia attraverso le interviste o leggendo gli articoli sia di una parte che dell’altra. Ad un certo punto mi sono domandata:
ma in tutto questo l’atleta in quanto persona dov’è ?
In che stato mentale ed emotivo sta vivendo l’intera stagione?
Ero alla ricerca disperata di qualche segnale che riconducesse uomini di sport a quella meravigliosa caratteristica che tutti abbiamo e che non usiamo più: l’aspetto umano. Due persone prima di tutto, nel ruolo di atlete poi, si ritrovavano a vivere in modo diverso, una stagione inaspettata. Entrambe hanno dovuto riporre i rispettivi sogni dentro un cassetto.
Lo sport non era forse solo un gioco oppure
in tutti questi anni mi ero persa qualcosa?
Mi auguro che tu non debba mai vivere questo tipo di esperienza. Nel caso ti invito a trarre forza e coraggio da questo racconto perché tu sappia che non sei solo.
Sei come un antico veliero che si appresta ad attraversare la tempesta perfetta.
Al termine, dopo averla superata… rifletterai su ciò che ti ha insegnato e nell’epilogo finale troverai la tua risposta se saprai guardare con occhi nuovi, oltre l’orizzonte del mare infinito.
La voce del silenzio di una palombella libera
( di Aurora Puccio)
“C’è qualcosa dentro di te che nessuno ti può toccare né togliere, se tu non vuoi. Si chiama speranza!
(Dal film “Le Ali della Libertà)
(prima di leggere il racconto guarda la scena tratta dal film e ascolta le parole durata 3:00 circa. Quando comincerà la musica, lasciala come sottofondo)
Chiudo gli occhi.
Prima di rituffarmi in acqua respiro profondamente per abbassare la tensione nell’attesa di assaporare con il sorriso nel cuore l’impatto con la libertà.
Poi mi sveglio ed è un Sogno. Sempre lo stesso.
Sogno di liberare l’energia del Corpo e della Mente in quello che è il naturale ambiente della mia più grande passione:la pallanuoto
Sogno di stoppare palle impossibili. Sogno di gioire per una vittoria o di condividere la tristezza di una sconfitta con le mie compagne di squadra.
Sogno la mia allenatrice che tenendomi la testa tra le sue mani in segno di protezione, mi da un bacio sulla calottina per augurami buona fortuna.
Più di ogni altra cosa però, Sogno di passare la palla decisiva al mio capitano. Lei, con una magia segna uno dei suoi goal a palombella. Incrociando il mio sguardo con un sorriso di approvazione le mostro tutta la mia gratitudine. Non sono brava a descrivere le mie emozioni. Alle volte gli occhi sanno dire cose migliori di parole difficili che non riesco a trovare.
Persino le avversarie consapevoli della mia sofferenza, accennano ad un sorriso di comprensione.
Invece mi ritrovo in piscina ad allenarmi da sola. Le mie compagne sono in trasferta. Penso che potrei essere lì con loro. Alle volte è dura ma devo resistere. Devo farmi trovare pronta. Mi aggrappo ad ogni spiraglio di luce che mi possa permettere di entrare in acqua. Ci credo. Ci voglio credere.
La vita per me ha scelto un destino diverso. Ha scelto di mettere a dura prova la mia giovane età con emozioni che mai avrei pensato di vivere in qualcosa che dovrebbe essere un gioco. Invece ogni giorno assume le sembianze di una guerra che porta con sé solo profonde ferite e nessun vincitore. Si perché alla fine lo so già. Avremmo perso tutti la cosa più preziosa che abbiamo in comune:
IL TEMPO
Richiudo gli occhi. Voglio stare nel Mio Sogno.
Voglio vivere di quei momenti. All’interno della mia Mente sono io che decido come fare andare gli eventi. Nessuno può interferire.
Poi ad un tratto il telefono squilla. È un messaggio. Lo attendo da tempo e la paura mi assale impadronendosi di ogni cellula del mio corpo.
Ho tanta paura di trovare scritta l’ennesima delusione. Mi sembra tutto così surreale. Non so più ormai cos’è vero e cosa no. Ho paura che anche all’interno del mio Sogno succeda quello che non desidero.
Con l’ultima energia di coraggio che mi è rimasta, lo affronto. Lo apro e mi appare un’unica e semplice scritta:
LIBERA
Riapro gli occhi. Stavolta è tutto vero. Rileggo il messaggio per sicurezza e poi sorrido. Ce l’ho fatta!! E finalmente posso lasciare andare i miei Sogni liberi di volare e io li seguirò ovunque avranno voglia di portarmi.
L’intervista
Cosa ti ha insegnato quest’esperienza?
Ho imparato che se tu sei pulito dentro e sai di avere ragione lottando fino alla fine con fatica la battaglia la vinci. Non da sola sicuramente. È stato importante per me avere il sostegno dei miei genitori, della società e della squadra che mi hanno fatto sentire sempre parte di loro.
Mi sono resa conto di aver accumulato tanta rabbia che adesso trasformerò in energia positiva. Sento molto forte la responsabilità di fare bene augurandomi di non deludere le aspettative. Alla fine lo so qual’è il mio valore. Più che mostrarlo agli altri devo dimostrarlo a me stessa avendo fiducia che dando il massimo posso fare tutto ciò che è nelle mie corde mettendo a frutto gli insegnamenti della mia allenatrice Martina Miceli.
C’è l’hai un sogno?
A parte la Nazionale come ogni atleta sogno un giorno di andare alle Olimpiadi e vincerle. Aldilà di questo, sogno di vincere certamente con l’Orizzonte. A dirti la verità quando ero piccola non pensavo che un giorno sarei riuscita a giocare in una squadra dal passato così prestigioso. Dall’esterno mi immaginavo l’ambiente un po’ ostile. Invece non è assolutamente così. Sono una grande famiglia, un po’ agguerrita (ridiamo) in senso positivo ma con grande e sincero sentimento di famiglia. C’è tanta passione e amore per questo sport.
La tua squadra è arrivata alle finali scudetto. Come hai vissuto quei momenti fuori dall’acqua?
Alcuni momenti li ho vissuti come se mi sentissi in una bolla di vetro. Quando sono arrivata non ho realizzato subito che ancora una volta non avrei potuto giocare. Nonostante ci fossi abituata. Mi è venuto il panico durante i quarti di finale perché stavamo quasi per perdere. Mi sono sentita veramente tanto male. Quando abbiamo vinto la semifinale invece, ho vissuto un contrasto e un’alternanza di emozioni strane.
Da una parte ero felicissima di raggiungere un traguardo così bello e inaspettato all’inizio dell’anno. L’obiettivo era quello di entrare in Europa non era mica scontato che saremmo andate addirittura a giocarci lo scudetto. Poi però subentrava l’amarezza di non poter giocare. Penso che sia umano.
Come hai vissuto questa decisione di Tania di ritornare in acqua?
Non saprei proprio con che parole esprimere la mia gratitudine. È troppo una bella persona. Mi viene quasi assurdo pensare che abbia fatto questo per me. Cioè mi spiego meglio. Lo so che l’ha fatto anche per la squadra, la società e per dare un segnale cercando di cambiare le cose che non vanno nel mondo della pallanuoto. Ma ha fatto tante altre cose per me. Dalle più piccole a tutte le volte che mi ha difeso in TV con coraggio come la mia allenatrice Martina. Non so se potrò mai ringraziare entrambe abbastanza. Per questo mi sento responsabile per la prossima stagione di far bene.
Cosa si prova a giocare nell’Orizzonte Catania, la squadra più titolata in Italia e in Europa con due campionesse olimpiche come Martina Miceli e Tania Di Mario, tra le principali interpreti di questa disciplina?
All’inizio l’ho vissuta in modo inconsapevole. Sapevo della loro storia. Per me era un sogno poter venire a giocare qui. Mi aspettavo tanta professionalità ma la mia maggior sorpresa è stata quella di aver trovato una vera e propria famiglia. Dalle ragazze alla società, mi sono sentita accolta e ben voluta da subito. E nonostante le vicende mi impedissero di entrare in acqua, sono stata sempre coinvolta negli allenamenti, nelle trasferte ove possibile. Mi sono sentita subito parte del gruppo. Fino all’ultimo, anche durante le finali pur non giocando, ero in acqua ad allenarmi con le mie compagne.
Prima di arrivare a Catania, non sapevo come sarebbe stato. Quindi non ti nascondo che avevo l’ansia da prestazione… perché comunque stavo entrando in una squadra con obiettivi ambiziosi di riportarla agli antichi successi. Poi dall’accoglienza agli allenamenti impostati da Martina…
… che voglio dire è come avere il manuale tecnico-strategico e tattico della pallanuoto a portata di mano !!
Esatto! (ridiamo)Veramente non potevo aspettarmi di meglio. Essere allenata da lei, avere l’occasione di ricevere consigli da Tania penso che sia tra le esperienze migliori che mi potessero capitare: sia dal punto di vista tecnico-sportivo che umano.
Cosa hai provato quando le tue compagne di squadra ti hanno sollevato da terra durante la premiazione alle Final Six?
(Ride) Quella è stata infatti un’idea di Tania. C’è l’ha comunicata in quel momento e mi ricordo che sono entrata in panico. Non so come sono finita in aria e come mi hanno poi fatto atterrare… Mi ricordo solo che stavo volando 🙂
Riesci a descrivermi cosa hai sentito quando tutte quelle braccia ti hanno preso lanciandoti in aria?
Al solito mi viene difficile esprimermi pubblicamente… !
Cala il silenzio. La sento dalla voce che Carolina ha seriamente difficoltà a tradurre con le parole quello che prova. L’ha avuta per tutta l’intervista. Poi, passato quell’attimo per pensarci e trovare il coraggio di superare questo ulteriore ostacolo con un fil di voce rotto dall’emozione mi risponde:
Mi sono sentita tanto amata!
Epilogo: La quiete dopo la tempesta
“Senza un temporale di tanto in tanto, come faremmo ad apprezzare i giorni di sole?” Kevin Alan Milne
Questa storia me la immagino come una di quelle tempeste perfette che attraversano le nostre vite per insegnarci qualcosa che riguarda la parte più profonda di noi.
Poiché è inevitabile che essa si presenti puntuale come un orologio svizzero nel momento esatto in cui serve, ti invito a pensare a lei in modo diverso.
Non più come qualcosa di negativo. Bensì come un evento necessario affinché tu possa sviluppare quelle tue capacità inconsce come resilienza e determinazione che in uno stato di tranquillità alle volte dimentichi di possedere, smettendo di usarle come risorse per raggiungere i tuoi obiettivi.
Quando sei dentro la tempesta, non puoi apprezzarla. Lotti per uscirne il prima possibile.
Soltanto quando arriverà la quiete ti sarà tutto infinitamente più chiaro. E prima di proseguire il tuo cammino, ti fermerai un attimo per rivolgerle l’ultimo saluto con occhi pieni di gratitudine per ciò che ti ha insegnato.
Se prendi questa consapevolezza, alla prossima saprai già che qualcosa di ancora più grande, più bello e positivo ti sta già aspettando pronto ad accoglierti nella gioia del tuo prossimo successo.
La tempesta non è mai tempo perso.
È il tempo che dedichi a te stesso
per vedere il mondo con nuovi occhi
Athýke
Ringrazio di cuore Carolina per aver affidato alla mia scrittura una così importante storia piena di emozioni.
Ti chiedo di condividere l’articolo per sensibilizzare un tema comune in tutte le discipline sull’importanza di tener sempre a mente l’aspetto umano nella pratica sportiva.
(foto fornite dall’archivio personale di Carolina – foto final Six di Giorgio Scarfì e Aurora Puccio – altre foto tratte da google immagini)
alessandro decataldo
Veramente bello, emozionante, coinvolgente…soprattutto un messaggio educativo per i giovani(e non solo…): non cercare mai la scorciatoia dell'”inciucio” di fronte alle sopraffazioni, ma battersi fino in fondo per far trionfare la verità. Carolina, le famiglie (quella biologica e quella de l’Ekipe Orizzonte) hanno dato a tutti un esempio di coerenza che spero venga nel futuro seguito anche da coloro che in questa vicenda hanno preferito l’atteggiamento degli ignavi (vds la maggior parte degli atleti) o la politica delle “tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo” (Vds dirigenti della FIN e di note Società). La cosa che più mi ha colpito in questa vicenda lunga e stressante (ed anche grottesca…) è stata la capacità di Carolina di non far spegnere mai il suo sorriso: un messaggio di positività per chi vuole continuare a credere nello Sport (quello vero).
“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità; un ottimista vede l’opportunità in ogni difficoltà”
(Winston Churchill)