Il Tennis a teatro|ll rapporto padre atleta tratto da Open di Andre Agassi
“Non è un caso, penso, che il tennis usi il linguaggio della vita. Vantaggio, servizio, errore, break, love (zero), gli elementi basilari del tennis sono quelli dell’esistenza quotidiana, perché ogni match è una vita in miniatura”
(tratto dal libro Open di Andre Agassi)
Andre Agassi è stato tra i miei tennisti preferiti. Mi attirava quel suo modo ribelle di interpretare il tennis così divertente ed efficace allo stesso tempo. Ok non nascondo che anche la sua folta chioma e quel vestire scanzonato, ai miei occhi aumentava tanto il punteggio per la scelta finale :-)!!
Tuttavia, leggere la sua biografia qualche anno fa scoprendo a distanza di tempo che dietro a quel comportamento si nascondeva il grido velato di aiuto di un giovane atleta, mi colse di sorpresa. Lui avrebbe voluto vivere lo sport divertendosi con meno pressione sul risultato a tutti i costi. Questo mio stupore ricordo fece nascere una riflessione: quante volte capita di soffermarci all’apparenza del successo abbagliati dal mito, senza prendere in considerazione che anche i grandi campioni sono delle persone? Anche loro hanno dovuto superare difficoltà, affrontare percorsi dolorosi. Crisi sportive.
Certo qualcuno potrebbe dire che Andre ha anche guadagnato tanti soldi. Ciò non vale per le discipline silenziose. Ma se tu avessi vissuto un infanzia nel modo in cui non desideravi… perdendo i tuoi anni migliori che non torneranno mai più indietro, credi davvero che tutto quel denaro possano sostituire il dolore di un’età perduta?Credi davvero che ne valga la pena?
Il libro è coinvolgente. Riesce a ricrearti nella Mente una serie di immagini tali che ti sembra di guardare un film, facendoti immergere nell’aspetto mentale dell’atleta: tutti i suoi tormenti, le sue paure. Il rapporto difficile con il padre-allenatore. Il suo dialogo interno durante la partita, punto per punto.
Di solito dai libri viene creata una trasposizione cinematografica. Cosa accade però se la storia viene messa in scena in un Reading Teatrale? Ti dico la verità: Cinema, lettura e teatro sono forme artistiche che a loro modo ti mettono in condizione di imparare tanto anche dal punto di vista dell’allenamento mentale. Basta scegliere quello che più risuona con te.
Nel mio caso per fortuna sono tutte di mio gradimento e quindi riesco a trarre vantaggio da ognuno di loro. Penso però che il teatro ha qualcosa in più. Lo sa benissimo Mattia Fabris, l’attore che ha portato in scena la storia di Agassi in modo impeccabile con una certa somiglianza con il tennista americano che ha dato ancora più forza alla sua sentita interpretazione.
In Open ci sono tantissimi argomenti legati alla performance. Sia dal punto di vista strategico-tattico ma anche altri aspetti esterni che comunque hanno uguale incidenza. Quelli che Mattia ha trattato nel suo reading teatrale svoltosi lo scorso Maggio presso il bellissimo teatro ATIR Teatro di Ringhiera di Milano sono particolarmente centrati su aspetti attualissimi che riscontro nella preparazione mentale degli atleti:
Il rapporto Padre-figlio (genitori in generale) e il dialogo interno nella mente dell’atleta durante la prestazione, con riferimento all’ultima partita della sua vita che ne ha decretato poi il ritiro definitivo dall’attività agonistica.
Prima di addentrarci su questi aspetti ti invito a guardare il trailer di Mattia per farti un’idea della trasposizione teatrale e di Open.
Il rapporto Padre-figlio
“Se calpestassi le palle da tennis, mio padre ululerebbe come se avessi schiacciato le sue”
È un Agassi spaventato dal “mostro lancia palle”. Vorrebbe giocare a calcio. Ha capito che la squadra sarebbe l’ideale per lui. Piuttosto che stare ad allenarsi da soli e caricarsi il peso delle sconfitte o la gioia delle vittorie, meglio avere tanti amici con cui condividere la passione. Invece no. Deve giocare a tennis perché così ha deciso il padre. Ti assicuro che Mattia pur recitando un monologo, grazie anche alla forza del suono di una chitarra elettrica che in certi momenti ne amplificava l’intensità emotiva è riuscito a trasmettere lo stato d’animo di un giovane atleta che cerca di far capire al padre che lui a tennis proprio non vuole giocare.
Purtroppo è così spaventato dal suo atteggiamento violento, che per quanto provi a farglielo capire, non viene ascoltato. Ecco perché poi man mano che diventa bravo e comincia a fare i tornei, decide di mettere in scena un atteggiamento ribelle. A partire da un abbigliamento super colorato che ai tempi ancora non era usato creando non poco scalpore.
In questa scelta paterna c’è tutta la frustrazione di un genitore che attraverso i successi del figlio cerca di guadagnarsi una maschera di rispetto sociale che lui non è riuscito ad ottenere al fine di realizzare un sogno personale. Senza porsi minimamente il problema se fosse lo stesso anche per Andre.
Ti sembra una storia inverosimile? Invece purtroppo devo constatare che non è più un problema legato alle discipline economicamente molto redditizie come tennis o calcio attraverso le quali i genitori cercano di trovare una sicurezza di vita. Si tratta di un vero e proprio stato mentale ricorrente che trae origine da un condizionamento sociale ormai votato al risultato a tutti i costi. All’apparenza di mostrare agli altri di essere vincenti perché si viene giudicati non per quello che si è ma per il numero di vittorie e titoli conquistati.
Fa niente se poi l’atleta è infelice come afferma il campione Olimpico di Tiro a segno Niccolò Campriani ( altro libro che ti suggerisco leggi qui il mio articolo). Perché quasi nessuno si chiede cosa veramente fa di un atleta felice? Ti stupirai dalle risposte. Alle volte non sono neanche le vittorie ma solo la voglia di ritrovare pace e serenità nel proprio gesto tecnico perduto.
Il dialogo interno durante la partita
“Ho vinto 869 match nella mia carriera, sono il quinto in classifica di tutti i tempi, e molti li ho vinti sotto la doccia del pomeriggio.” (tratto dal libro Open di Andre Agassi)
Come in tutte le altre occasioni in cui ti ho parlato in questo blog del connubio Sport e Teatro ( troverai in fondo all’articolo altre discipline), la magia del palco, dell’essenza della scena, con la musica che interviene al momento giusto per dare enfasi alla recitazione dell’attore, fa in modo che lo spettatore si immerga totalmente nella MENTE dell’atleta da Osservatore esterno.
Diventa il tutto ancora più suggestivo a livello Mentale, se l’ambiente richiama visivamente il campo da tennis. Anche a livello emotivo ha un impatto sicuramente molto elevato. Per questo Mattia alterna il teatro con i campi come è successo a Cortina e a Genova
Osservarsi in modo distaccato è l’allenamento più difficile che un’atleta possa fare nella gestione della gara. Mattia, con semplicità e passione, mette in evidenza molto bene due scenari essenziali durante l’ultima partita di Andre:
Il primo di carattere tecnico dove avviene lo scambio con l’avversario per la conquista del punto
Il secondo Mentale, dove invece si osserva il forte dialogo interno che avviene nella MENTE di Agassi che per ogni singolo punto, si appresta a stabilire quale strategia adottare, chiedendosi cosa farà a sua volta l’avversario e se sarà in grado di contrastarlo. Il tutto intervallato da pensieri di paura per un eventuale sconfitta. Altri legati al suo passato. Altri ancora che riguardano il momento in cui tutto quello che è stata la sua vita fino a quel momento, si dissolverà con l’ultimo gesto tecnico.
Il tutto nel bel mezzo di una partita importante con un pubblico che grida il tuo nome, le TV che riprendono ogni minimo cambiamento della tua espressione facciale e tutta la pressione possibile immaginabile considerato che ti chiami André Agassi.
Descritta in questo modo sembra che duri un tempo infinitamente lunghissimo. Se ci pensi è quello che succede anche a te durante la partita. Poterlo osservare da spettatore per imparare a comprendere cosa realmente accade nella tua testa e quindi scoprire una parte di sé come atleta è un vantaggio non indifferente.
Epilogo
Ogni atleta ha diritto di scegliere lo sport che più risuoni con la propria anima. Soprattutto lo si deve lasciare inseguire i propri Sogni e non quello di qualcun’altro. L’invito che faccio con il cuore ai genitori è quello di leggersi Open e andare a vedere questo Reading Teatrale perché almeno possano trovare uno spunto di riflessione. Tutti vogliono il bene del proprio figlio. Su questo non c’è dubbio. Ma esiste modo e modo di esternare quest’amore. Il figlio-atleta è un individuo indipendente che va guidato verso la vita sportiva e non, ma a cui non vanno “tappate le ali” per inseguire sogni di gloria che non gli appartengono.
Pensare che tuo figlio sia un campione rispetto agli altri e incitarlo in questa direzione, non stai facendo altro che alimentare un’ansia da prestazione inutile ( in quanto già presente in modo naturale), mettendo pressione a un qualcosa che dovrebbe essere solo puro divertimento. Crei inoltre delle aspettative elevate che formano un ciclo di pensieri vizioso che passa da sono il più forte a perdo quindi sono un fallito. Di conseguenza sono atleti frustrati.
È questo quello che vuoi? Guarda che la voglia di primeggiare con gli altri genitori si ripercuote sulla performance di tuo figlio che in quel famoso dialogo interno di cui ti parlavo prima, anziché pensare a divertirsi, starà pensando: oh dio se perdo deluderò i miei genitori, non sarò mai in grado di vincere nulla.
Per favore te lo dico con il cuore SMETTILA e fai solo il genitore la cui unica preoccupazione è quella di vedere tuo figlio felice di giocare. Che vinca o perda questo non riguarda te. Soprattutto non sei tu il suo tecnico perché ha un allenatore bravo che lo segue.
Quando capirai questa sostanziale differenza… allora forse ti accorgerai che tuo figlio è un CAMPIONE a prescindere dalle medaglie vinte. Oppure misuri le sue capacità dai titoli ?
Lo so a cosa stai pensando. Che tu non sei come il padre da Agassi e che non ti interessa se tuo figlio vinca o perda. A parole puoi dire tutto quello che vuoi. Ricordati però che quello che contano sono i fatti. Se quest’ultimi non corrispondono… allora caro mio sei nel vortice di un incoerenza che faresti meglio a risolvere personalmente per il tuo bene, anziché delegare il problema al figlio.
Ti lascio con le immagini dell’ultima partita di cui parla Andre Agassi nel suo libro, perché ti dà la misura di quanto dietro alla maschera di un campione vincente ci sia la tenera fragilità dell’essere umano…in quanto persona e tuo figlio… prima di tutto è una persona!!
Si ringrazia di cuore Mattia Fabris per l’amicizia e per la bravura con la quale ha saputo ricreare l’atmosfera del libro nel suo bellissimo reading teatrale. Per avere informazioni su come portare lo spettacolo nella propria città, si invita a scrivere ai seguenti siti:
ATIR Teatro di Ringhiera Milano Compagnia Teatrale S(l)egati
(foto archivio personale Mattia Fabris)
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Condividere l’articolo significa diffondere la cultura per lo sport, il teatro e l’allenamento mentale
Grazie
Aurora
Silvia Bolis
Grazie per il tuo articolo Aurora.
Il mondo è pieno di sportivi (e non) la cui vita è stata resa
impossibile dall’ego dei propri genitori.
E’ meglio avere un figlio famoso che ti disprezza o
avere un figlio felice, che ti ama?
A chi fa fatica a rispondere a questa domanda (ma anche a tutti gli altri)
consiglio con tutto il cuore di leggere “Open” e consultare Aurora.