Livia Bregonzio|Mente e Corpo connesse in Apnea
“L’acqua mi ha insegnato tanto: a lavorare sui miei limiti, ad ascoltarmi a comprendermi ad accettarmi e ad avere fiducia in me stessa”
Livia Bregonzio Campionessa del mondo specialità monopinna
L’atleta che si allena tutti i giorni ha veramente consapevolezza del proprio corpo e del potere della mente?
A questa conclusione ci arriva dopo molti anni solo se ha la pazienza di allenarsi all’osservazione consapevole del sé interiore. Concentrato solo sull’aspetto tecnico e fisico – inteso come “potenziamento del corpo per supportare il gesto tecnico con la forza-, priorità assoluta secondo una convinzione sociale ormai radicata, dimentica un aspetto essenziale per la sua performance.
Il tempo impiegato per raggiungere questo equilibrio tra stato mentale e gesto tecnico può essere ridotto se l’allenamento mentale affianca la tecnica, con la stessa identica priorità attraverso un percorso consapevole.
Una disciplina dove si è costretti ad applicare questo metodo è l’apnea. Non puoi proprio evitarlo. Da tempo avrei voluto sperimentarla in prima persona. Intuivo che avrebbe confermato la mia tesi sull’allenamento mentale. Finalmente un giorno per caso incontro Livia Bregonzio, campionessa mondiale di apnea specialità monopinna, e il suo allenatore Emiliano Scaburri. Così ho realizzato il sogno di vivere con maggiore intensità questa connessione mente-corpo che già conosco bene. Ma non si finisce mai di imparare.
Livia, romana di nascita, praticava il nuoto quando un giorno si imbatte in un cartello: “Prova gratuita di apnea”. Incuriosita anche dall’attrezzatura strana, pinne e monopinne, si mette in gioco e conosce il suo futuro allenatore Emiliano. Per la prima volta indossa la monopinna ed è amore a prima vista. Non se la toglierà più ai piedi. Nel senso proprio che non gliela restituirà :-)! Da allora, in poco meno di quattro anni, Livia continua a migliorare le sue prestazioni a tal punto da vincere l’oro agli Europei nella specialità DYNBiPinne di cui, più tardi, diventa anche vice campionessa del mondo. Dalla sua voce traspare tutta la passione per questo sport a cui è grata per le sensazioni che le fa vivere. Racconta:
«Ho la sensazione di essere avvolta dall’acqua. Il silenzio è assoluto e sono sola con me stessa. Provo libertà. Sembra quasi di volare. L’ambiente intorno a me è ovattato e dopo ogni allenamento, nonostante lo sforzo fisico, esco con un benessere fisico-mentale che mette pace nella mia mente.»
Attraverso la preziosa testimonianza di Livia ti guiderò all’interno di una prestazione con i seguenti obiettivi:
- dimostrare che occorre prendere consapevolezza dei segnali che manda il corpo e fare in modo che la mente li codifichi correttamente.
- dimostrare che l’allenamento mentale, nel suo essere astratto e non tangibile, può essere nel concreto praticato proprio come si fa per il gesto tecnico (Tecnica) e per gli addominali (Fisico).
- dimostrare che atteggiamento mentale ( cioè come affronti le situazioni es: sconfitta, errore) e allenamento mentale… sono due cose diverse!!
Prima però ti invito a guardare la performance di Livia per avere un’idea di questa bellissima disciplina. (n.b. le specialità sono:Apnea statica, DNF apnea dinamica senza attrezzi, DYNP Apnea Dinamica BiPinne e DYN Apnea Dinamica Monopinna ). Dura circa 7 minuti: I primi 3’20” sono di preparazione. Poi inizia la gara e ti suggerisco di vedere l’uscita al minuto 7’15” circa. C’è un protocollo rigido da seguire e l’atleta deve dimostrare di essere lucida mentalmente nonostante, per tutto quel tempo, non sia arrivato ossigeno al cervello. Ricorda una delle tue gare dove sei stato poco lucido pur avendo la fortuna di “respirare” e prova a immaginare come ci si possa sentire.
Il dialogo interno
Qual è la caratteristica principale dell’apnea?
«Ogni allenamento o gara è sempre tutto diverso. So già che scoprirò qualcosa di nuovo su di me: positivo e negativo. Aspetto le informazioni che mi arriveranno con curiosità. Le raccolgo e poi le rielaboro. Non sempre va tutto come vorrei. Ma esco contenta dall’acqua. Ad esempio, capitano le giornate storte. Non hai voglia di allenarti, di soffrire, di fare fatica. Il corpo ti “urla” di uscire, di mollare. Ed è in questo momento che ho scoperto un lato positivo: ho imparato ad ascoltarmi. Ad osservare i segnali. Ho imparato ad accettare questa fase critica, che tutti abbiamo e fatichiamo a superare. Tutte le volte mi dico dentro di me: “Tanto lo sai che dopo è più bello!”»
Ciò che Livia descrive è l’approccio con cui affronta le difficoltà. Nell’allenamento mentale, invece, la fase in cui nella testa si ripete la frase, si chiama Self Talk o dialogo interno: il come tu parli a te stesso è importante.
Nell’apnea, tra i segnali più significativi, ci sono le contrazioni del diaframma che spinge sui polmoni e può generare l’ipossia: cioè il segnale che l’anidride carbonica comincia ad irritare i centri respiratori dando l’impulso alla respirazione. Altri sintomi sono il formicolio alle mani e alle gambe. In questo caso significa che la soglia di attenzione si sta abbassando e il corpo ti sta dicendo: “Occhio stai arrivando al semaforo giallo“.
La metafora del semaforo è un ottimo sistema per osservare il punto esatto in cui l’atleta passa dalla trance agonistica ( o stato di flow) colore verde, al rosso stato in cui ormai ha perso la lucidità mentale senza ritorno. Il giallo rappresenta quindi il punto di passaggio tra uno stato e l’altro. Allenarsi a individuarlo significa poi poter applicare la tecnica mentale adatta per ritornare al verde… ma questa è un’altra storia che racconterò prossimamente.
Aspettitava alta Vs aspettativa pari a zero
Cosa si impara con l’apnea?
«A trovare un giusto mix tra il CORPO (sintomi/segnali) e MENTE (dialogo interno). Tutte le apnee sono diverse e anche gli stati d’animo lo sono. Una volta mi è capitato di affrontare una competizione con un’aspettativa alta. Ero troppo ansiosa e preoccupata di non farcela. Ho faticato più del previsto e ho mollato. Altre volte invece avevo zero aspettative e la MENTE mi ha portato oltre i miei limiti fisici. Nell’apnea però è molto importante conoscere il proprio punto critico, cioè il semaforo giallo. È il punto dove ancora puoi fare qualche metro dopo di che ti devi fermare altrimenti vai in BIO, termine abbreviato per dire che si è in Blackout perché il corpo è obbligato a entrare in autodifesa. Trattenere il respiro non è naturale. Quindi è il corpo che decide il momento in cui è utile uscire. Il trucco è trovare un equilibrio tra lui e la MENTE. L’uno è il braccio dell’altro ed entrambi lavorano per la performance.»
Paradossalmente la forza non sta nei muscoli,
ma nella capacità di allenare questa sensibilità e replicarla.
Vittorie e sconfitte
Qual è stato il momento fino adesso più bello della tua carriera?
«La prima volta che ho partecipato a una competizione internazionale. In realtà era la seconda, ma nel primo caso avevo vissuto tutto in maniera diversa. Ero lì solo per fare esperienza. Invece per l’Europeo ho avuto la convocazione ufficiale in nazionale e quindi ero emozionata. Ho vinto l’oro nella specialità bipinne dopo che il giorno precedente avevo perso il bronzo contro la russa per soli 30cm. Il mio allenatore Emiliano mi spronò facendo leva sul mio orgoglio e io mi sono trasformata in una “Carogna” determinata a vincere. E ho vinto. »
Ti ricordi invece qualche sconfitta o crisi che hai dovuto superare e come ci sei riuscita?
«Le sconfitte faccio fatica a ricordarle perché dopo aver raccolto le informazioni utili le cancello. Però ricordo bene il momento di crisi che ho avuto durante una gara dei campionati italiani nel 2016. A un certo punto della gara ho mollato. In testa mi ripetevo (dialogo interno): “ma chi te lo fa fare. Lascia perdere”. Mi accade sempre nel mio punto critico, dove trovo maggiori difficoltà tra i 110m e i 130m che ho ribattezzato il mio punto di fallimento. A fine gara ero delusa. Ma ho imparato la lezione: io dal quel punto ci sarei dovuta passare sempre, in ogni singola gara perché rappresenta l’attimo in cui il CORPO ha “fame di aria”.
Ho capito che mi sarei dovuta impegnare di più per superare quel punto. Ed è anche l’unico momento in cui mi dico la classica frase auto-motivazionale: “Dai che ce la fai” perché è vero che sono in grado di superare quel punto, ed è funzionale per la performance. Superata questa misura è molto importante abbandonare questa frase perché occorre restare concentrati a riconoscere il punto esatto oltre il quale è meglio non andare. Se non impari a osservarti, a conoscere bene i segnali del tuo corpo e a interpretare quel punto limite, la forza mentale “dai che ce la fai”, tipica di ogni atleta, risulta controproducente. Rischia di rovinare la prestazione perché poi c’è tutto un protocollo d’uscita da seguire e se non dimostri un minimo di lucidità mentale i metri non sono convalidati.
Come dicevo all’inizio ogni apnea è diversa e i limiti pure: ci sono giorni in cui puoi spingerti di qualche metro in più e altri no. Non perché ad esempio hai fatto una volta 250m, anche la prossima ci riuscirai e devi per forza fare di più.»
I pensieri durante l’apnea
A cosa pensi mentre sei in apnea?
«I primi metri sono di benessere. Provo libertà. Poi passo alla seconda fase dove incontro il mio famoso punto critico dei 130m. Ogni atleta ha il suo ovviamente. Non è uguale per tutti. Dopo comincia la terza fase: lo stato di trance “vigile”, quella sensazione di ovattato che mi piace tanto. Sento ronzii nelle orecchie e silenzio assoluto dentro di me. Sono concentrata su ciò che so devo stare attenta. Problemi zero: li lascio fuori dall’acqua. Ma a questa abilità mentale ci sono arrivata dopo due anni perché ci vuole anche un lavoro sul sé interiore.
Come fai a lasciarti i problemi fuori dall’acqua?
«Capita anche a me di avere giornate lavorative pesanti o di litigare con mio marito. Prima mi capitava di portare i pensieri in acqua. Poi, nel tempo quando ho preso consapevolezza che mi distraevano, mi sono allenata a lasciarli andare. Come? mi sono costruita una routine:
Prima di entrare in acqua pratico la respirazione a secco e in aggiunta altri gesti che ho sperimentato in questi anni fino a trovare la sequenza giusta. Ho notato che più la giornata era stata stressante, quindi più ero in uno stato di “stress fuori” più stavo bene dentro in acqua. Era come salire in cima alla montagna e osservare un groviglio di problemi. Da lassù tutto si ridimensionava. In pratica avevo trasformato un elemento negativo in un punto di forza.
L’avversaria e l’adrenalina
Come gestisci l’avversaria?
«Una volta mi sono concentrata su di lei e ho sbagliato tutta la gara. Ho imparato che devo restare focalizzata su di me. Non significa che non mi confronto. Significa che se voglio ottenere una buona performance devo prestare attenzione all’equilibrio tra Mente e Corpo. Per essere lucida nel superare il punto critico e riconoscere il momento giusto per uscire.
Mi sembra di capire che l’adrenalina tipica dello sportivo qui serve a poco..
«Esatto. Al contrario di tante discipline dove l’adrenalina è un elemento positivo che ti carica emotivamente, nell’apnea è controproducente. Attenzione: prima della gara anche noi ce l’abbiamo e attraverso la respirazione abbassiamo i battiti cardiaci perché dobbiamo restare calmi. Ripeto trattenere il respiro non è naturale. Quando sei in apnea sei costretto a gestire emozioni e pensieri, a osservare le sensazioni che ti arrivano e a rielaborarli.»
Il pilota tra i due litiganti
Prima di condividere con te l’esperimento che ho fatto in apnea, vorrei farti riflettere su questa figura che trovi qui di fianco, e che userò a breve. Quella faccia piccola tutta sorridente posta al centro di colore rosso è il cuore: rappresenta il CORPO. La faccia preoccupata a forma rettangolare, che sta mettendo a tacere l’esuberanza del cuore, invece è la TESTA. La parte esterna in nero che delinea la figura di un essere umano…sei tu: il PILOTA di questa splendida macchina. Teoricamente dovresti essere tu a guidare la tua “auto”. Diciamo che alle volte credi di farlo, in realtà sei in attesa che questi due divertenti personaggi, CORPO e MENTE, si mettano d’accordo.
L’esperimento in apnea
L’intervista con Livia mi carica. Sono curiosa di vivere questa esperienza applicando anche le mie tecniche mentali. Non nascondo però che anche la mia amica “ansia” si è fatta viva. Non sapevo cosa aspettarmi. In più Emiliano mi aveva raccomandato di arrivare in piscina a stomaco vuoto, con un distacco dall’ultimo pasto di almeno quattro ore prima della prova. La mente era già in pre-allarme. Una cosa diversa dal solito e già si agita. Ma ormai la conosco. O quasi…
Finalmente ci siamo. Arriva il momento di provare. Dopo una primo esercizio a secco sulla respirazione e verificato che il mio diaframma (CORPO) si ricorda cosa deve fare :-), per prima cosa sperimentiamo l’apnea statica. Indosso cuffia e occhialini, metto i tappi alle narici perché si respira e si butta l’aria solo dalla bocca. Emiliano accanto a me e Livia a bordo vasca a darmi istruzioni. I due decidono di non anticiparmi nulla. Non vogliono condizionarmi. Eseguo tre lunghi respiri, profondi e lenti. Poi giù. Ripeto l’esercizio a intervalli per quattro volte. Ogni apnea una sensazione (CORPO) diversa. All’inizio ero rigida con il corpo perché la mia mente era in stato di allerta 1. Voleva capire che caspita stava combinando il pilota e perché mai aveva deciso di fare questa roba qui. Risultato 50 secondi.
La seconda si è tranquillizzata. Mi ha lasciato godere il momento in relax e qui ho associato la mia tecnica preferita:l’autoipnosi. Uno stato di trance naturale vigile che tutti viviamo in modo inconsapevole durante la giornata e che con l’allenamento (mentale) posso ricreare quando mi serve attraverso un processo veloce consolidato nel tempo. Attenzione…veloce dopo che ho fatto tanta pratica (esattamente come accade per la tecnica). Un po’ come imparare ad andare in bicicletta, o guidare l’auto. La filosofia “Tutto e subito” non funziona. Non da risultati nel lungo termine. Occorre cambiare mentalità e guardare la cosa da un’altro punto di vista:
Il tempo impiegato per sviluppare un’abilità mentale ti permette di risparmiare tempo, di replicarla in qualsiasi situazione e di non buttare via la maggior parte delle tue prestazioni.
Ti sembra poco?
Ritornando alla mia prova, rimango incredula quando Emiliano e Livia mi comunicano il risultato: 2′ e 20sec Davvero? A questo punto salta fuori l’atleta competitiva che c’è in me e come tutti gli atleti…commetto l’errore di concentrarmi sul risultato. Il terzo tempo sarà di 1’40sec.. Caspita la mente mi ha fregato. Eppure lo so che devo rimanere focalizzata sul processo. Quarta apnea 1’50sec.
Nella prima apnea non sapevo cosa aspettarmi. Nella seconda ero tranquilla. Nella terza volevo subito migliorarmi. Nella quarta sono ritornata in equilibrio. In pratica, come dico sempre, la mia sfida con la mente si è tramutato in un gioco sottile: una volta vince lei :-(, una volta io :-)! L’apnea mi ha permesso di osservare ancora di più i suoi fastidiosi tranelli. Poi ho provato quella dinamica, molto più difficile ma giusto per poterne capire la differenza.
Questo è il feedback dell’allenatore Emiliano Scaburri che riporto così come mi è stato detto:
«Aurora, hai fatto un ottimo esercizio soprattutto statico da 2’20 sec. dove sei riuscita a unire quello che tu sai a livello di potere della mente perché le basi apneistiche ti mancano, ma hai quelle mentali. Lì è stata la dimostrazione pratica in cui se riesci a entrare veramente in sintonia con la tua mente e il tuo corpo riesci ad avere delle prestazioni eccezionali. Hai fatto un 2’20sec. che per essere la prima volta è davvero un ottimo tempo!»
Hai capito adesso quanta potenza il tuo gesto tecnico, a prescindere dalla disciplina, potrebbe sviluppare se ad esso venisse abbinato l’allenamento mentale?
Cambiare approccio nell’allenamento
Data per scontata la tecnica e la preparazione fisica con anche i “potenziamenti” per esprimere un gesto di “forza”, quello che ti fregherà sempre in gara è la mancanza di consapevolezza di ciò che ti accade nella testa e dei segnali che ti manda il corpo. Quando riuscirai a comprendere che applicando le tecniche mentali puoi migliorare la qualità della tua performance, sarà il primo passo verso un cambio di direzione nei tuoi risultati che potranno essere costanti nel tempo. L’allenamento mentale sviluppa delle capacità necessarie alla tua prestazione. Inoltre ti permette di accelerare il processo di apprendimento del tuo “amato gesto tecnico”. Amplifica le risorse del tuo corpo e in caso di infortunio… ti viene in aiuto per affiancare le cure e farti continuare ad allenare anche se “fisicamente” non puoi. ( leggi il mio articolo sulla visualizzazione)
In conclusione l’allenamento mentale è la parte pratica: il come sviluppare le capacità mentale di concentrazione e prendere consapevolezza delle risorse personali per ridurre il tempo impiegato a raggiungere l’equilibrio Mente-Corpo. In questo caso è utile un supporto esterno con un percorso personalizzato.
L’atteggiamento mentale è il modo con cui ad esempio si affronta un errore, una sconfitta, l’avversario. Utile è imparare come pensano i grandi atleti.
Dico sempre: L’allenamento mentale è uno sport che tutti dovrebbero praticare
Buon allenamento…mentale consapevole! :-)!!
Ringrazio di cuore Livia ed Emiliano per la loro disponibilità e per il confronto
Inoltre, per realizzare un sogno, ti ricordo che hai sempre bisogno degli altri. Io stavolta devo ringraziare l’amica e assessore allo sport di Castano Primo Carola Bonalli :-)!!! Grazie di cuore!!
Aurora
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(foto e video archivio personale Livia Bregonzio. Altre immagini tratte da google)
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