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Riccardo Lorello – Lo sport è un circolo vizioso

Lo sport è un circolo vizioso

C’è un circolo vizioso nello sport: più ti diverti, più ti alleni; più ti alleni, più migliori; più migliori,più ti diverti!”
Pancho Gonzales tennista

C’è chi cerca l’adrenalina della velocità con le auto da corsa, chi con le moto.

Altri invece hanno deciso di usare il proprio corpo come “motore” e viverla in linea su quattro rotelle. È il caso del pluricampione europeo e italiano di pattinaggio a rotelle velocità in linea: il milanese Riccardo Lorello. Appena 17 anni con un curriculum sportivo già da campione navigato e con l’umiltà tipica di chi sa di essere fortunato per essersi innamorato di uno sport che lo ripaga con tante emozioni e soddisfazioni.

Nonostante sia una disciplina impegnativa dal punto fisico e mentale, come del resto ogni sport praticato a livello agonistico, Riccardo è consapevole che il pattinaggio rappresenta molto di più di una medaglia. Motivo per cui, come consuetudine di questo blog, vado oltre i titoli vinti per scoprire la persona dietro all’atleta. Perché si è campioni prima di tutto nella mentalità. E anche dalla storia di un giovane atleta si può imparare.

Saronno Voci dallo Sport
Intervista ai campioni europei di pattinaggio a rotelle velocità: Riccardo Lorello e Andrea Cremaschi
(Teatro Giuditta Pasta)

Conosco Riccardo in occasione dell’evento Voci dallo sport organizzato a Saronno dall’Associazione Amici del Legnani. Come gli altri giovani atleti partecipanti sono conquistata dalla sua semplicità guidata da un entusiasmo sfrenato per le rotelle.

Considerando la sua giovane età Riccardo mi regala la grande opportunità di aprire una finestra nel mondo dei ragazzi di oggi osservandoli però dal loro punto di vista.

LO SPORT UN CIRCOLO VIZIOSO

Rispetto alle generazioni precedenti, si sa che i ragazzi hanno più distrazioni. Soprattutto di carattere “digitale” di cui, è inutile nasconderlo, anche noi adulti cadiamo delegando le nostre relazioni al “telefonino”. Già fatichiamo noi, figuriamoci un “nativo digitale” :-)!Eppure Riccardo si sofferma proprio su quest’aspetto: la relazione. Ecco cosa racconta quando gli domando le ragioni per cui un suo coetaneo dovrebbe praticare sport:

«Lo sport è un circolo vizioso. Per svariati motivi è successo di dover saltare qualche allenamento. Sai come mi sento? Triste. Il pomeriggio senza allenamento è noioso. Si è vero; vado lì faccio fatica. I miei compagni di squadra ed io ci alleniamo come dei tori. Però lì ho i miei amici. Tra una prova e l’altra o anche durante, si ride e si scherza ( ndr attenzione non significa che non ci si allena seriamente.)

Cioè ci alleniamo in un’ambiente, la società del Bellusco, dove si sta bene, si condivide la stessa passione e più o meno gli stessi obiettivi. Nonostante sia uno sport individuale per allenarsi occorre avere una grande squadra. Per fortuna noi lo siamo e questo rappresenta uno stimolo per fare sempre meglio.»

Cosa noti nei tuoi coetanei?

(foto Dix Pixels)

«Alle volte, osservandoli in generale, mi rendo conto che non hanno tanti argomenti di cui parlare perché tutte le loro giornate sono sempre uguali. Monotone. Senza nessuna valvola di sfogo. Con il rischio di inciampare in altre cose più pericolose.

Anche quelli che mi chiedono come faccio a studiare in quattro ore pensando sia impossibile e usano questa scusa come alibi per non praticare sport, rispondo che non è assolutamente vero.

Non dico che bisogna fare sport a livello agonistico come facciamo noi in cui ci sono in ballo un sacco di cose importanti. Scriversi in palestra o praticare uno sport a livello amatoriale giusto per stare in forma e staccare dalla routine quotidiana io credo si possa fare benissimo.»

Adesso però ti lancio una provocazione. Osservando la tua routine quotidiana dal punto di vista di chi non pratica sport, potrebbe pensare che anche le tue giornate alla fine siano noiose. Cosa cambia?

«La prima parte della giornata è sempre uguale: vado a scuola, vedo sempre gli stessi compagni e poi torno a casa mangio e poi studio.

Quando invece vado all’allenamento si trasforma tutto perché io vado là per allenarmi per un obiettivo. A parte che ogni giorno l’allenamento è diverso. Ma quando sei lì tu non sei li per allenarti e basta. Se lì per allenarti per qualcosa di grande da raggiungere.

A livello adrenalinico ti regala emozioni più forti rispetto al restare a casa. Tu sei là che pensi: “Tra sei mesi ho un campionato del mondo.” Quindi ti devi allenare con disciplina e costanza.

Non è tanto la monotonia nel fare. Ma la monotonia delle emozioni percepita durante la giornata. Nello sport hai una serie di emozioni mixate tra gioie, tristezza, momenti di felicità e di sconforto. Si tratta però di emozioni forti, che rimanendo a casa non vivi. Sono quindi le emozioni a fare la differenza.

Mi sembra di capire che il problema della noia nella vostra generazione sia riconducibile nello svolgere qualcosa di adrenalinico. Motivo per cui periodicamente ci sono le mode di mettersi in situazioni di pericolo…

«Si esatto. Più che l’obiettivo, perché alla fine anche chi studia un minimo di obiettivo ce l’ha, sono le emozioni provate quelle che fanno la differenza e che solo lo sport può darti. Soprattutto ti fa crescere al livello personale. Praticare sport e come dire: hai fatto il militare? Mi spiego… fare il militare significa aver vissuto un’esperienza stando dentro a delle regole precise e a un comportamento da seguire.

Lo sport è anche questo: ti da quella marcia in più che nessun’altra attività può darti.

Ti regala la capacità di riuscire a ribaltare una situazione complessa. Ti faccio un esempio:

In una gara ci sono dei momenti in cui stai per crollare fisicamente. Ma il fisico esegue quello che gli dice di fare il cervello. Quindi se tu ti ripeti in testa che sei stanco… crolli. Se riesci a plasmare quello che ti sta dicendo il cervello superando la fatica hai vinto la sfida con te stesso portando fino in fondo il tuo compito.

È un allenarsi a spingersi ai propri limiti. Comunque vada la mia storia sportiva, mi sono allenato in modo concreto e pratico a sviluppare delle abilità mentali replicabili anche nel lavoro. E aggiungo che, nonostante sia uno sport faticoso, la fatica è divertimento.»

Bastone e carota: come superare una difficoltà

Nella tua giovane carriera hai incontrato qualche difficoltà e se si come sei riuscito a superarla e cosa soprattutto ti ha insegnato…

«C’è stato un anno in cui non ho brillato particolarmente. Credo circa tre anni fa. Essendo allievo primo anno correvo con quelli più grandi. Purtroppo ho accusato questo cambiamento che mi ha portato a non essere convocato in nazionale per un trofeo che si svolgeva in Portogallo. Per carità una gara normalissima. Solo che sono, como posso dire, dei riconoscimenti. Delle opportunità di vivere un’ esperienza internazionale quando ancora non sei pronto per gareggiare ad un europeo o a un mondiale.

L’ho vissuta male perché ci tenevo. Poi però ho capito che alle volte è meglio prendere il bastone che la carota. Di certo ho imparato dagli errori commessi. Ho capito dove ho sbagliato e dove ho lavorato male. Quella volta infatti ho scelto di andare in vacanza per due settimane e mi sono rovinato da solo la preparazione. Adesso non ci vado più.»

Hai un sogno?

«Si. Vincere il mondiale da Senior. Per adesso mi sto preparando per disputare i prossimi campionati del mondo Junior che si svolgeranno l’anno prossimo in Colombia. La considero una tappa importante. Una tappa che mi servirà per realizzare il sogno più grande.»

 

 

 

CONCLUSIONE

Il concetto di sport come mero strumento tecnico e fisico penso ormai debba essere ampiamente superato. Lo sport è una vera e propria palestra di vita a 360 gradi. Un potente mezzo attraverso il quale attuare una crescita personale  costante. Un modo per  sviluppare abilità mentali che diventeranno delle vere e proprie competenze replicabili in ogni settore.  Competenze che in futuro saranno sempre più richieste nel mondo del lavoro.

Inoltre il racconto di Riccardo mi permette di chiarire un altro concetto che mi sta a cuore:

il divertimento.

Spesso questo termine viene frainteso. Viene associato all’essere “superficiali”. Invece non è cosi. Per un atleta di alto livello è un fattore indispensabile della performance.  Quando l’atleta smette di divertirsi perde interesse, si irrigidisce con il corpo. Tutto diventa pesante. Anche il gesto tecnico più semplice diventa impossibile da eseguire. Tutto questo perché? Perché vive la prestazione con “pesantezza”.

Per un atleta di alto livello per divertimento si intende tutto quello che ruota attorno alla prestazione. Ecco alcuni esempi e potrebbero essere molti di più:

  • Il potersi confrontare con avversari più bravi e superarli,  vivendo quel luna park di emozioni forti difficilmente riscontrabili in altri ambiti.
  • poter eseguire un gesto o uno schema di gioco particolarmente complesso e spettacolare per il pubblico, provato milioni di volte in allenamento e riuscirci in gara.
  •  l’attesa che c’è tra il sogno e le tappe per raggiungerlo.
  • studiare la strategia migliore da applicare per battere l’avversario.
  • vivere esperienze che ogni volta ti insegnano qualcosa.

Ecco penso che sia fondamentale lasciare che i propri atleti vivano l’agonismo includendo il concetto di “divertimento” se si vuole ottenere di più da loro.

Infine le famose emozioni. Riccardo sottolinea questa differenza molto importante e sono d’accordo con lui.  Se un giovane trova l’ambiente giusto, sano dove poter prendere coscienza delle proprie emozioni, riconoscerle e viverle in modo adeguato non ha bisogno di andarsi a cercare altro in giro.

Ovvio che in questo caso l‘AMBIENTE gioca un ruolo fondamentale e la società del Bellusco è stata in grado di crearne uno così funzionale e sereno che gli atleti pur faticando riescono ad andare volentieri. Infatti i risultati ne sono la prova e lo sport diventa veramente un circolo vizioso.

Quest’ultimo punto lo lascio come spunto di riflessione alle società sportive, ai loro dirigenti e presidenti. Chiedetevi se il vostro ambiente presenta delle caratteristiche “sane, funzionali e soprattutto UMANE” dove poter crescere i propri atleti. Spesso si commette l’errore di non rendersi conto quanto l’ambiente incida sulla performance di un atleta. Sono sempre delle persone. La persona non può essere separata dall’atleta.

Questo perché al solito ci si concentra solo sul tecnico pensando che sia l’unico elemento indispensabile.

Preoccupatevi prima di creare e tenere un’ambiente sereno con umanità. Ponetevi come obiettivo quello di far diventare lo sport un circolo vizioso. Allora anche l’apprendimento tecnico avrà uno sviluppo esponenziale. Soprattutto avrete le palestre piene di giovani.

Ringrazio di cuore Riccardo e la sua famiglia per la disponibilità e aver messo a disposizione di tutti un’esperienza così preziosa.

Aurora

 

(tutte le foto fanno parte dell’archivio personale di Riccardo Lorello. Per eventuali crediti si invita a inviare segnalazione a info@auroracoaching.it. Altre foto google immagini)

Aurora Puccio
About Aurora Puccio
Ciao! Sono Aurora la mia filosofia è invitare le persone a guardare le cose da angolazioni differenti, partendo dall'atteggiamento mentale con il quale si osserva una situazione. Lo sport è la mia più grande passione insieme ad altre forme artistiche come teatro e scrittura, che in questi articoli si intrecciano con armonia per darti degli spunti sull'allenamento mentale.
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