Lo sport giusto per ogni bambino
I centri di avviamento non hanno il compito di specializzare, come spesso accade, ma di proporre molteplici attività per allenare tutte le capacità motorie e dare ai bambini la possibilità di conoscere le loro potenzialità e magari, capire che lo sport desiderato non è quello scelto per loro dai genitori
Mauro Maugeri – Vice allenatore Setterosa Oro Atene 2004
Esiste uno sport giusto per ogni bambino? Certo che si. Mi rendo conto che per i genitori sia difficile guidare i figli nella scelta. Senza dimenticare che spesso incidono fattori esterni come l’ambiente, la distanza da casa, la compatibilità con gli orari di lavoro, l’empatia con l’allenatore.
Per questo motivo oggi ospito nel mio blog il Dr. Carlo Napolitano, pediatra sportivo, neonatologo e adolescentolgo. Si occupa da molti anni di attività sportiva e nutrizione. In passato ha svolto attività come medico sociale e accompagnatore di squadre giovanili di pallanuoto e pallavolo. Ha contribuito a pubblicazioni su salutismo e nutrizione, ed è Direttore Scientifico di una agenzia di comunicazione multimediale. Appassionato sportivo, a livello agonistico in gioventù si è dedicato alla pallavolo mentre attualmente pratica il tennistavolo, disciplina in cui nelle due edizioni dei Giochi Mondiali della Medicina, ha conquistato due argenti e quattro bronzi.
In questo suo articolo, il Dr. Carlo Napolitano fornirà informazioni e consigli su come scegliere lo sport giusto per il proprio bambino dal punto di vista medico approfonditi dall’esperienza personale come atleta, allenatore, dirigente e soprattutto genitore. Una panoramica completa su una tematica sociale importante sicuramente da approfondire. Grazie a questa guida, mi auguro sia di supporto per essere più consapevoli nella scelta della disciplina.
Inoltre consiglio di leggere il suo libro Lo sport che fa bene al tuo bambino, Ediz. Sperling & Kupfer. Un manuale dettagliato dove, con competenza e sensibilità, Carlo Napolitano mette a disposizione dei genitori un aiuto concreto che, per ognuno dei 50 sport, illustra fascia d’età suggerita, vantaggi ed eventuali controindicazioni, informazioni sull’attrezzatura, indirizzi utili. Fornisce ogni indicazione utile per capire se uno sport si può adattare o meno alle esigenze del proprio bambino. Una vera e propria guida ragionata alla scelta toccando temi come le ripercussioni sulla salute e il valore educativo. (tratta dalla sinossi del libro)
Buona lettura
Aurora
LO SPORT GIUSTO PER OGNI BAMBINO
Dr. Carlo Napolitano
Svolgendo di fatto un ruolo di “consulente di famiglia” a 360° per quanto riguarda la salute dei suoi giovani pazienti, un pediatra moderno deve essere pure in grado di aiutare i genitori a decidere verso quale attività ludico-sportiva indirizzare i propri figli, naturalmente avendo riguardo nei confronti di desideri ed attitudini degli stessi, ma anche con le dovute cognizioni di base che una scelta del genere inevitabilmente richiede.
Molto spesso infatti all’interno di una famiglia può mancare la capacità di valutare quale tipo di disciplina sportiva sia da proporre – oppure, se controindicata, da evitare – ad un bambino; e in situazioni del genere, chi meglio del pediatra può aiutare nella decisione più corretta?
Nella scelta dello sport, è fuori dubbio che di solito uno degli elementi più importanti risulta costituito da quello che potremmo definire come l’effetto trascinamento esercitato da parte degli amici, generalmente compagni di classe a scuola od asilo.
Ma in base a questo genere di criterio, la decisione sull’attività da praticare può andare a finire che non tenga nel dovuto conto quei fattori assolutamente individuali (tipo di fisico, costituzione, indole, gradimento, ecc.) che risultano viceversa di importanza tutt’altro che trascurabile.
Non va poi dimenticato il ruolo quasi curativo che una determinata disciplina sportiva è in grado di esercitare sul fisico e/o sul carattere di un giovane, il quale può risultare particolarmente sensibile ai benefici che la stessa procura, se adeguata alle sue condizioni, proprio per il fatto di trovarsi in una fase di età evolutiva; ma al tempo stesso, per il medesimo motivo, non si possono certo trascurare i potenziali effetti collaterali di una determinata attività ludico-sportiva, apparentemente innocua, quando praticata da soggetti che presentino nei confronti della stessa qualche controindicazione.
Indagini recenti condotte nel nostro Paese hanno stimato che a praticare sport con regolarità sia all’incirca il 20% della popolazione, il che equivale a dire che un italiano su cinque dedica settimanalmente almeno due o tre ore del proprio tempo libero ad un’attività fisica.
In pratica, sono ben oltre dodici milioni di persone gli aderenti a società, club semiprofessionistici o più modesti nuclei associativi (magari a carattere di volontariato, per esempio facenti capo a gruppi dopolavoristici o parrocchiali) che partecipano non solo a campionati, ma anche a tornei o altre manifestazioni per dilettanti.
Attualmente, circa il 60% di questi sono ragazzi nella scuola dell’obbligo, dato che l’età media dell’avviamento ad una disciplina sportiva si stima intorno ai sette anni, mentre la fase di massima partecipazione sembra collocarsi nell’ultimo anno della medie inferiori; ma è triste dover prendere atto che esiste ancora una porzione, numericamente troppo rilevante (circa il 20%), di giovani che dedicano il proprio tempo libero esclusivamente ad intrattenimenti sedentari ( televisione, videogiochi, ecc……), e che solo il 29% dei bambini italiani fa attività fisica almeno tre volte ogni settimana.
Per poter incentivare sempre di più l’adeguato svolgimento di una pratica ludico-sportiva, che sarebbe da considerare per le sue importanti positive ripercussioni sulla salute psicofisica quasi un diritto di ogni individuo, in Italia purtroppo bisogna fare i conti anche con la sempre maggiore urbanizzazione, talora sviluppata senza la dovuta attenzione al mantenimento di spazi utilizzabili per fare movimento, e con le reali difficoltà di molti genitori nel trovare il tempo da dedicare all’attività fisica dei figli.
Sarebbe importante riuscire a creare una vera e propria cultura dello sport, a tutti i livelli, anche per ottimizzare lo sfruttamento delle risorse, talora presenti, ma non sempre impiegate a dovere. Si dovrebbe puntare a far comprendere quanto sia indispensabile, soprattutto in età evolutiva, una regolare attività fisica, dato che alla necessità di mantenere lo stato di salute si affianca quella di favorire uno sviluppo armonico e, finalmente, di far adottare adeguati stili di comportamento che possano poi essere mantenuti nelle fasi successive.
Ma l’attività motoria svolta in questo periodo della vita deve essere curata con grande attenzione, distinta da quella dell’adulto (che ha un fisico già definitivamente strutturato) e resa adeguata alle caratteristiche psicofisiche proprie di chi è in piena fase di sviluppo; bisogna infatti tenere conto del fatto che un bambino ed un adolescente non sono un uomo in scala più o meno ridotta, bensì entità biologiche con precise variabili individuali (età, attitudini, esperienza, potenziale genetico, costituzione, velocità di accrescimento, maturazione sessuale, ecc…), oltretutto in continua evoluzione.
In pratica, lo sport è come un farmaco: fa bene solo se è adatto al soggetto e assunto in modi e tempi corretti, altrimenti può non giovare o addirittura creare danni all’organismo.
Alla luce di queste considerazioni, si comprende come i tecnici impegnati a livello di un settore giovanile svolgano un’importantissima funzione di pedagogo (dal greco: pais, paidòs: fanciullo e àgo: conduco – colui che accompagna il bambino nella crescita e nell’apprendimento) e dovrebbero per questo motivo essere, paradossalmente, quasi più qualificati e sensibili degli allenatori che gestiscono atleti di categoria superiore.
Non dovrà comunque mai essere dimenticato che fare sport significa soprattutto assecondare la naturale esigenza di svolgere attività fisica da parte del nostro organismo, e deve quindi risultare a qualunque età fonte di benessere e divertimento.
LA SCELTA DELLO SPORT: CRITERI ORIENTATIVI
L’offerta sempre più articolata e completa di attività sportive da praticare, sostenuta anche dall’incentivazione interessata dei produttori di abbigliamento ed articoli specifici per il settore, nonché influenzata dal formidabile effetto trainante che i media, ed in particolare modo la televisione, esercitano sulle masse, può sicuramente generare un certo imbarazzo nella scelta della disciplina da far praticare al proprio figlio.
Le motivazioni che spingono a decidere di intraprendere una determinata attività possono essere assai diverse da persona a persona, talvolta da luogo a luogo; nell’elencazione che segue, sicuramente non esaustiva, vengono prese in considerazione quelle che risultano essere comunque le più frequenti:
CONSIGLIO MEDICO – Sempre più spesso, purtroppo, il pediatra si trova a dover affrontare il problema degli eccessi nelle abitudini alimentari dei propri pazienti, che risultano in sovrappeso perché ipernutriti.
In certi soggetti, oltretutto, l’abitudine a trascorrere molte ore in uno stato di quasi completa immobilità davanti alla televisione o al computer o con i giochi elettronici tascabili non fa altro che peggiorare la situazione, perché si viene a creare un bilancio ulteriormente sfavorevole per la salute, con eccessi alimentari (troppe entrate) e contemporaneamente scarsi consumi energetici (poche uscite).
In queste situazioni, nel tentativo di combattere un’indole sedentaria e di indurre un dispendio calorico che aiuti a bruciare le “scorte” accumulate, il pediatra dovrebbe suggerire di intraprendere con regolarità un’attività fisica che possa naturalmente comportare un sufficiente consumo energetico, ma soprattutto essere accettata e gradita dal giovane. Quest’ultimo criterio di scelta risulta in simili casi veramente fondamentale, perché è ovvio e comprensibile che ad un soggetto già tendenzialmente pigro per carattere dovrà essere proposta una disciplina che si riveli innanzitutto divertente, in modo tale che gli possa risultare accettabile fare quella “fatica” che la sua indole sedentaria altrimenti tenderebbe ad evitare.
Altra possibile circostanza in cui il pediatra può trovarsi a suggerire un’attività sportiva è quella in cui si devono sfruttare le modificazioni indotte dall’esercizio al fine di irrobustire o correggere dal punto di vista morfologico una o più parti del corpo, considerata la particolare sensibilità che gli organismi in fase di formazione dimostrano a questo riguardo. Va precisato però che in questi casi la scelta tra le possibili discipline da praticare si fa senz’altro più limitata, perché quando bisogna utilizzare una disciplina sportiva per intervenire sul fisico, quasi come se fosse una vera e propria terapia da prescrivere per correggere gli atteggiamenti scorretti o i paramorfismi dell’apparato muscolo-scheletrico, oppure incrementare l’efficienza respiratoria e/o cardiocircolatoria, il pediatra può suggerire soltanto alcune opzioni adeguate al caso, avendo il dovuto riguardo alle possibili controindicazioni.
Esiste poi una terza ed ultima, ma non per importanza, situazione in cui il pediatra può dover raccomandare di far intraprendere una certa attività fisica ad un suo paziente: nei casi cioè, forse più frequenti di quanto non si possa credere, in cui il beneficio derivante dalla pratica sportiva, naturalmente fermo restando quello per il corpo, è destinato soprattutto a migliorare il soggetto da un punto di vista psicologico e/o caratteriale. Quando infatti in un giovane si verificano problematiche nervose o comportamentali, che possono spaziare dalla difficoltà di concentrazione all’insicurezza nei propri mezzi, dalla timidezza eccessiva alla scarsa autostima, oppure carenze di autocontrollo con alterazioni del comportamento e incapacità di accettare regole ed imposizioni, o infine si intuisce che avrebbe bisogno di scaricare in modo adeguato tensioni dipendenti magari da problematiche dell’ambiente in cui vive (famiglia, scuola, ecc..), il dedicarsi ad una disciplina sportiva può rappresentare un formidabile metodo per incanalare e controllare l’esuberanza caratteriale oppure per forgiare la personalità, migliorare la propensione alla socializzazione ed indurre una maturazione dimostratasi difficoltosa. Anche in queste situazioni la scelta dell’attività dovrà naturalmente essere accettata bene dal soggetto, ma nell’ambito però di una più ristretta rosa di possibilità ben ponderate, valutate se necessario, nei casi maggiormente problematici, magari avvalendosi pure della consulenza di uno psicologo o di uno specialista in neuropsichiatria infantile.
SPIRITO DI EMULAZIONE – E’ senz’altro una delle spinte più significative verso la decisione di intraprendere una certa attività fisica, enormemente amplificata dalla sempre maggior visibilità che lo sport ed i suoi campioni, talora sin troppo celebrati, ottengono grazie soprattutto alla televisione.
Da un lato questo fenomeno va giudicato in modo positivo, per il fatto che contribuisce in maniera determinante a creare negli individui del XXI secolo una mentalità più dinamica e meno sedentaria, in netto contrasto quindi con il progresso ed i supporti tecnologici, che tenderebbero invece a ridurre sempre e comunque la necessità di movimento attivo: un esempio clamoroso in tal senso è rappresentato dagli elettrostimolatori, che fanno lavorare e quindi sviluppare la muscolatura senza la fatica della contrazione volontaria.
D’altro canto, la voglia di emulare a tutti i costi i grandi campioni può spingere ad intraprendere attività sportive per le quali il fisico non è ancora adeguatamente strutturato (nel caso dei più giovani) o magari decisamente non idoneo, col rischio di creare i presupposti per danni non indifferenti; è quindi sempre raccomandabile affidarsi a persone tecnicamente specializzate, in grado di fornire utili consigli grazie alla specifica esperienza in quella disciplina, previo naturalmente parere medico.
Non bisogna infatti sottovalutare che, da un punto di vista strettamente fisiologico, dedicarsi con grande foga ad alcune attività asimmetriche, senza una preparazione fisica globale adeguata come quella che solo una supervisione competente è in grado di garantire, potrebbe significare esporsi al rischio di interferire con lo sviluppo armonico che il corpo deve invece naturalmente avere.
Bisogna poi riflettere sul fatto che i mass-media hanno enorme potere nell’influenzare i bambini, ma mettono spesso in risalto componenti non propriamente educative di un evento sportivo, come la spettacolarità, l’immagine estetica, la mondanità o i risvolti economici, ed inoltre dedicano la maggior parte dello spazio alle discipline più di moda e successo, trascurandone quindi altre che tendono per questo ad essere ingiustamente ancor meno considerate.
ESPERIENZA CASUALE – Può capitare durante le vacanze, specialmente se si viaggia in crociera o si soggiorna in villaggi turistici o altre strutture dotate di animazione e dell’attrezzatura necessaria, di essere invitati (e certe volte potremmo dire trascinati…) a sperimentare qualche attività sportiva magari non diffusissima, e di scoprire così, grazie all’insistenza dello staff di intrattenimento, una disciplina che ci diverte e per la quale siamo evidentemente portati.
Una simile esperienza va considerata senz’altro in modo positivo, anche nel caso di una scarsa propensione e risultati mediocri, perché deve essere comunque affrontata e vissuta con spirito giocoso, per il piacere di cimentarsi in qualcosa di nuovo ed inconsueto, a completamento del bagaglio di esperienze psicomotorie; basta naturalmente evitare di incorrere nei possibili infortuni da neofiti, facendosi assistere dagli animatori e, soprattutto, utilizzando il buon senso.
PROPOSTE SCOLASTICHE – Nell’ambito della scuola, purtroppo, in Italia l’incentivazione allo sport non è sempre diffusa quanto sarebbe auspicabile, e spesso la carenza di strutture condiziona negativamente persino il normale svolgimento delle lezioni di educazione fisica, malgrado la presenza di insegnanti motivati e di buona volontà.
Sicuramente interessanti sono le iniziative di propaganda che da qualche anno vengono lanciate soprattutto nell’ambito delle scuole medie, volte a far conoscere svariate discipline sportive, magari tra le meno diffuse, fornendo l’attrezzatura e proponendo così agli studenti una sorta di “assaggio”: da questa esperienza, in modo simile a quanto visto possa accadere in vacanza, talvolta nasce una nuova passione.
Un rilevante aspetto vantaggioso di questo genere di iniziative sta nel fatto che, nell’ambito di un gruppo già strutturato com’è appunto una classe scolastica, è più facile il verificarsi di un effetto-traino tra compagni, con minori remore a cimentarsi.
COMODITA’ DI ACCESSO ALLE STRUTTURE – Per le famiglie moderne, spesso composte da genitori entrambi lavoratori a tempo più o meno pieno, e da figli particolarmente impegnati in attività scolastiche e non, la facilità di accesso alle strutture può condizionare in modo tutt’altro che indifferente la scelta dello sport da praticare.
Va considerata sotto questo profilo non soltanto la vicinanza degli impianti, che sicuramente resta un criterio fondamentale , ma anche la facilitazione rappresentata dal poter organizzarsi con altri genitori, secondo una precisa turnazione, nell’impegnativo andirivieni necessario per accompagnare al corso o agli allenamenti, e successivamente riportare a casa, i figli propri ed altrui. Soltanto quando si arriva ad un certo livello infatti, e soprattutto solo da parte di società adeguatamente fornite di mezzi (non solo di trasporto…) viene organizzata la presa e riconsegna a domicilio di aspiranti campioncini, con quelli che potremmo definire “sport-bus”: ma sul totale dei giovani atleti, questa fortuna riguarda davvero un’esigua minoranza.
TRADIZIONE – E’ innegabile che aver avuto genitori o altri parenti attivamente praticanti un certo sport, in particolar modo se a livello agonistico, non può non condizionare almeno in parte le scelte e le inclinazioni della prole.
I bambini sono fortemente influenzati dall’ambiente che li circonda, e sin da piccolissimi osservano i grandi per imparare ad imitarli: è quindi assai probabile che l’essere figlio, per esempio, di un pallavolista possa condurre a voler imparare bagher e palleggio molto prima rispetto a chi ha avuto per padre uno schermidore.
Va detto però che questo criterio di “ereditarietà” non sempre vale, specie per una scelta d’impegno definitiva o quasi, perché può subentrare il timore di non essere all’altezza del genitore e quindi l’optare per uno sport diverso consente al ragazzino di evitare un confronto in cui teme di sfigurare.
Un’altra possibile situazione di condizionamento nella scelta, limitata però a particolari realtà locali, è quella che si verifica in quei paesi, magari di piccole dimensioni, ove agiscono però società con spiccata specializzazione in uno sport, nell’ambito del quale i grandi risultati ottenuti fanno da fiore all’occhiello per l’intera comunità, che li usa per conquistare quella notorietà, quantomeno settoriale, che altrimenti sarebbe difficilmente raggiungibile. Un esempio di questo genere di situazioni potrebbe essere quello di Castel Goffredo, paese di poche migliaia di anime in provincia di Mantova, sicuramente sconosciuto alla gran parte degli italiani, ma che può vantare una squadra che qualche anno fa ha conquistato addirittura il titolo di campione d’Europa femminile nel tennistavolo. Risulta evidente che una simile situazione, per i giovani della zona, può condizionare in modo non indifferente la scelta dello sport da praticare, non solo per il fascino ed il ritorno d’immagine che un successo così prestigioso sicuramente comportano, ma anche perché è interesse della società sportiva curare con grande attenzione il proprio vivaio, per allevare nuovi futuri campioni.
Lo sport va comunque scelto tenendo nel dovuto conto la costituzione fisica ed il temperamento di chi deve praticarlo, e considerando che certe discipline possono aiutare a sviluppare ben precise qualità: per esempio, il canottaggio è indicato per chi può vantare una notevole struttura corporea, caratteristica che naturalmente facilita nel conseguimento dei risultati, ma viene al tempo stesso consigliato proprio ai soggetti gracili per agevolarne lo sviluppo dell’apparato muscolare e scheletrico.
Alla fine, comunque, la regola più importante è naturalmente quella che l’attività sia proposta e non imposta, perché è fondamentale che risulti gradevole; anche se un bambino si ostina a voler praticare una disciplina in cui difficilmente potrà conseguire risultati di successo, è giusto assecondare il suo desiderio, eccezion fatta per i casi in cui siano presenti controindicazioni di natura medica.
E’ chiaro che l’ideale sarebbe la scelta di uno sport verso il quale esiste una specifica attitudine; ma non sempre, specialmente in tenera età, questo è di fatto intuibile se non dopo un certo periodo di pratica, e quindi non vanno ostacolate le richieste di abbandono di una determinata disciplina per passare ad un’altra, magari totalmente diversa.
Molto spesso i genitori, quando pensano di poter decidere per i figli ancora relativamente piccoli, vanno alla ricerca di quello che viene definito uno sport completo: ebbene, sarà il caso di mettere subito in chiaro che questo loro desiderio è di fatto irrealizzabile, semplicemente perché lo sport veramente completo non esiste!!
Ogni disciplina presenta infatti caratteristiche tali da esercitare e mettere alla prova ben precise e particolari “competenze”, e quindi potranno esistere attività fisiche che stimolano e sviluppano maggiormente ed in modo un po’ più vario rispetto ad altre, ma nessuna potrà mai coinvolgere l’individuo in tutte le sue capacità.
Se si riflette sulla possibile classificazione degli sport, si può notare che ne esistono individuali o di squadra (questi ultimi con ruoli talora ben determinati e diversi), acquatici o terrestri, con o senza attrezzatura specifica, statici o di movimento, di velocità o di resistenza, di forza o destrezza, ecc..: è lampante che per ognuna di queste possibilità il praticante deve coltivare ed applicare precise competenze.
Una conferma indiretta a queste considerazioni la si ricava dalla osservazione che si sta diffondendo sempre di più, nell’ambito della preparazione di atleti che svolgono attività a livello agonistico, l’abitudine ad utilizzare nel corso degli allenamenti anche la pratica di sport diversi da quello per cui mirano al massimo dei risultati, nel tentativo di ricavare appunto dalle altre discipline elementi utili al completamento del proprio bagaglio psicofisico e tecnico di capacità.
Alla luce di queste considerazioni, si può quindi affermare che uno sport veramente completo non esiste, mentre ovviamente possono senz’altro esserci sportivi molto più completi di altri; quanto alla pratica semplicemente dilettantistica, intesa però come fatto di valore sociale indiscutibile, è del tutto evidente che sapersi disimpegnare, magari anche discretamente bene, in un solo sport può risultare per certi versi limitante.
Tenendo conto di queste valutazioni, viene quindi considerato particolarmente importante per i giovani lo sperimentare diverse specialità sportive, anche perché non sempre la prima disciplina in cui si trovano a cimentarsi è quella destinata a diventare prevalente nella vita, e per la quale in seguito si dimostreranno realmente meglio dotati.
Per i soggetti meno propensi ad essere coinvolti in un’attività fisica, va considerato che potrebbe risultare forse più accettabile e seducente uno sport di quelli classificati come alternati, sia individuale che di squadra (tipo tennistavolo, badminton, baseball, calcio, ecc…) perché prevedono frequenti pause di recupero e sono caratterizzati da movimenti molto vari ed eseguiti in scioltezza, quindi assai meno monotoni di quelli richiesti, per esempio, dalla pratica del ciclismo.
Sarebbe comunque raccomandabile, se possibile, arrivare ad una sorta di menù sportivo, che proprio come l’alimentazione deve essere vario e completo, da proporre durante gli anni dello sviluppo: l’ideale potrebbe essere abbinare attività svolte all’aperto ed al chiuso, individuali e di squadra, di forza e destrezza, in modo da acquisire un bagaglio d’esperienza psicomotoria poliedrico e soddisfacente.
Le discipline sportive proponibili nell’età evolutiva sono una cinquantina circa, ciascuna con ben precise caratteristiche per quanto concerne: età minima per praticarla, vantaggi, fattori di rischio, controindicazioni, effetti collaterali, ripercussioni caratteriali, grado d’impegno richiesto, ecc… Nel decidere quale sport far praticare ad un organismo in crescita, è però indispensabile non solo che la proposta sia ovviamente gradita dal soggetto, ma pure che si tenga nel dovuto conto ognuno di questi fattori, e che l’attività sia pertanto gestita da tecnici competenti, specializzati nel seguire i giovanissimi.
Ringrazio di cuore il Dr. Carlo Napolitano per la sua disponibilità e credo sia un articolo da condividere per mettere in condizione genitori e allenatori di prendere consapevolezza di alcune credenze e convinzioni ormai obsolete da rendere più moderne e al passo con i tempi.
( Articolo autorizzato dal Dr. Carlo Napolitano. Foto archivio personale Dr. C.N. Altre foto Canvas)
Leave a Reply