PADEL – Preparazione mentale atleta e allenatore
L’importanza dell’allenamento mentale nel gioco del padel sia come atleta che come allenatore
di Aurora Puccio
Conosci te stesso – Socrate
Il principio socratico del “Conosci te stesso”
Grazie allo sport più persone si stanno rendendo conto che il famoso principio socratico del conosci te stesso è indispensabile anche nell’eseguire una prestazione. Esiste un gioco esterno e uno interno che va allenato e ascoltato. Quando finalmente l’atleta se ne accorge comprende che un supporto può essere una delle modalità per attivare il cambiamento e acquisire strumenti per essere poi autonomo.
Quando FIlippo mi racconta la sua storia percepisco in lui il forte desiderio di mettere pace a quell’ultimo colpo mancato che non gli ha permesso di diventare professionista nel golf. Un blocco che gli ha lasciato il segno nonostante siano passati gli anni e abbia cambiato disciplina. Oggi infatti è un atleta e istruttore di padel, gioco esploso negli utlimi anni sia a livello agonistico che amatoriale. Ma quel blocco, quella sensazione di non essere riuscito a realizzare il suo grande sogno è lì accanto a lui impedendogli di esprimersi al meglio anche nel gioco del padel.
Ecco che dentro il suo “gioco interiore”, scatta la molla di dire basta, passaggio fondamentale per avviare la fase del cambiamento. Ne aproffitto per sottolinearlo perché ciò che poi porta alla risoluzione dei blocchi dipende tanto da questa fase. Significa che le probabilità di arrivare a un risultato positivo sono elevate perché le parole sono accompagnate dal desiderio di agire. Dall’azione. Spesso invece tanti atleti o allenatori/trici, si soffermano al desiderio dichiarato. Ma poi non fanno niente nel concreto per entrare in azione perché difatto la scintilla non è scattata.
Questa fase la definisco motivazione intrinseca, ossia quella motivazione che nasce all’interno della persona e che non può essere indotta dall’esterno perché non funziona. Magari non si sa come risolvere il tutto, si ha bisogno appunto di un supporto esterno. Ciò che però è essenziale comprendere che in questa storia la voglia di lasciarsi il golf alle spalle e di attuare un cambiamento nel padel è accaduto per merito di Filippo che ha deciso di mettersi in gioco affrontando le sue paure, tra le quali quella di ripetere la scena di un film già visto.
La preparazione mentale dell’atleta e dell’allenatore: l’inizio del cambiamento
Cosa ti ha spinto a intrapendere un percorso di performance coaching?
«Mi ha spinto il fatto di aver notato come anche nel padel, durante le competizioni, si stavano ripresentando gli stessi blocchi nati durante la mia attività agonistica nel golf. Non mi sentivo me stesso e non mi divertivo. Stavolta però non volevo più restare all’interno del tunnel senza fare niente. Ho capito che un supporto poteva essermi di aiuto per sbloccare la situazione».
Perché hai scelto me?
«Guardando il tuo sito e leggendo le testiminionze mi hai ispirato fiducia. Poi quando abbiamo fatto il primo incontro mi sono sentito a mio agio anche a livello comunicativo e sono emerse delle cose sulle quali da subito mi sono messo a lavorare durante gli allenamenti».
In che cosa oggi ti senti migliorato o vedi il tuo cambiamento?
«Mi sento cambiato prima di tutto nel modo con cui approccio la competizione dove ancora ogni tanto mi esce qualche spauracchio del passato. Rispetto a prima però sono in grado di gestirlo grazie agli esercizi fatti durante il percorso. Rileggo spesso gli appunti dove trovo degli spunti per rafforzare quanto fino adesso sono riuscito a fare».
Durante il percorso è stato fatto anche un lavoro sulle credenze e sulle convinzioni limitanti attraverso il processo Psychk, la cui metodologia consente di riscriverle in modo funzionale all’obiettivo desiderato e a creare un dialogo interno efficace. Come ti sei trovato?
«Fondamentalmente ho capito tante cose importanti. Prima di tutto ho preso consapevolezza di quanto il mio dialogo interno fosse appunto sbagliato perché a monte c’erano anche delle credenze e convinzioni errate che contribuivano a creare pensieri negativi. Penso che un po’ tutti abbiamo questo atteggiamento. Come ad esempio sentirsi meno capaci degli altri, temere il giudizio esterno, non sentirsi mai all’altezza della situazione. Adesso non appena me ne accorgo intervengo subito a modificare il come parlo a me stesso.
«In secondo luogo ho compreso l’importanza di pensare nel presente e di come questo possa influenzare il futuro. Io invece avevo fin qui pensato sempre al contrario. Stavo sempre proiettato nel futuro non avendo completamente la concezione del presente e questa modalità mi creava uno stato di ansia costante. Pensando “step by step”, il livello di ansia è diminuito.
«Altra cosa non mi ero mai reso conto di come amplificassi i miei problemi parlandone di continuo e di conseguenza creandomi uno stato d’animo non funzionale alla prestazione. E anche in questo caso mi è stato utile il tuo intervento di bloccare questo loop senza uscita per farmi andare sul concreto, sull’azione ovvero andare a modificare l’approccio concentrandomi sulle soluzioni.
«In definitiva da subito, dai primi incontri sono diventato consapevole di come avrei dovuto spostare l’attenzione dall’esterno al mio interno. Fregandomene di cosa pensano gli altri o di fare come fanno gli altri. Io desidero costruire la mia strada per come sono fatto io attigendo anche dalla forza della mia alta sensibilità scoperta durante gli incontri e sulla quale ancora sento di dovermi allenare per imparare a gestirla.
«Nel complesso ho trovato molto utile tutta la metodologia compreso anche il fatto di tenere una sorta di diario dove scrivere degli appunti che riguardo quando mi capita di ricadere in un errore. Rileggendoli mi sembra di risentire la tua voce e di rivivere la sessione sapendo anche come intervenire per cambiare lo stato. Scrivere, carta e penna come dici sempre tu, mi è servito tanto. Lo faccio tutt’ora».
L’atleta altamente sensibile
Apro una parentesi sul tratto dell’alta sensibilità perché si trata di una scoperta relativamente recente dovuta alla psicoterapeuta americana Elain Aron che per prima negli anni’90 ha effettuato degli studi insieme al marito neurologo. Essi hanno scoperto che le persone altamente sensibili hanno un modo diverso di processare le informazioni, sono molto empatiche e tendono a lasciarsi inluenzare dall’ambiente esterno fino a quando, come è accaduto a Filippo, non prendono consapevoelezza di riportare l’attenzione verso l’interno. In questo articolo dal titolo Come gestire l’atleta ipersinisibile, è possibile approfondire l’argomento.
Il doppio ruolo:atleta-allenatore
Tu però hai un doppio ruolo:atleta e allenatore. In che modo il percorso fatto insieme ti ha permesso di trasferire il tutto anche quando ti relazioni con i tuoi atleti?
«Sperimentare prima su di me come atleta mi ha permesso poi di cambiare nel modo di comunicare e di relazionarmi anche con i miei allievi. Ad esempio adesso evito l’uso del vocabolo “non” quando fornisco le indicazioni tecniche e ho visto che inefetti l’apprendimento è più veloce e sbagliano meno. Soprattutto ho capito quanto prima, incosciamente magari, trasmettevo i miei pensieri negativi. Lavorando su me stesso presto molta attenzione a come comunico e a allo stato d’animo in cui mi trovo per dare il meglio ai miei atleti».
Il “non” a livello inconscio è inesistente
Il fatto di esprimere le correzioni tecniche con frasi precedute dal “non” è una consuetudine. Viene a tutti naturale. Il punto è perché dire la cosa che non volete piuttosto che comunicare direttamente ciò che si vuole? Fateci caso che l’approccio è lo stesso quando ci lamentiamo per tutto ciò che ci manca e non vediamo quello che abbiamo. Nello sport, come nella scuola ma anche nel lavoro, la tendenza è sempre quella di enfatizzare gli errori dimenticando che il cambiamento non avviene dal punto di vista razionale ma irrazionale. Quindi occorre dire direttamente la cosa che si vuole. Invertire in pratica il modo di pensare e di dire le cose.
Il risultato finale
Adesso che hai concluso il percorso com’è il tuo rapporto con quel famoso colpo mancato del golf?
«Pace. Ho messo pace. Sto bene così. Non significa che non ripenso a quel colpo ogni tanto e a come sarebbe potuto andare tutto diversamente. Sento però che è la percezione all’evento che è cambiata. In realtà ciò che mi è stato tolto nel golf adesso riesco a farlo nel padel perché alla fine il desiderio più profondo era quello di diventare un maestro e poter insegnare. È un lavoro che mi piace fare. E il padel mi ha aiutato a ritrovare il sorriso, mi ha fatto ritrovare la passione per lo sport. Il mio primo pensiero quando riposo la racchetta dentro il borsone è non vedere l’ora di riprenderla per giocare.
«Il vantaggio di avere una figura di supporto che ti da gli strumenti per prepararti al meglio alla competizione anche dal punto di vista dell’atteggiamento mentale secondo me fa la differenza. Mi rendo oggi che se riesco a risolvere certe situazioni in campo è perché ho gli strumenti per farlo».
Conclusione
Se Filippo ha ottenuto dei nuovi risultati sul gioco esterno è perché ha deciso di mettersi in gioco in questo percorso per la preparazione mentale come atlete e allenatore, allenandosi anche sul gioco interno. Il merito è il suo perché senza il suo impegno, senza la voglia di mettere in pratica gli esercizi, di accogliere questo tratto meraviglioso che è l’alta sensibilità come punto di forza e non di debolezza, sarebbe rimasto con la testa agganciato a quel lontano ricordo dell’ultimo colpo nel golf che gli stava condizionando anche il presente e quindi il futuro.
In questo modo Filippo si è messo nelle condizioni di migliorare sia come atleta ma anche come maestro traendo un doppio vantaggio trasversale che poi ripercuote anche nella vita di tutti i giorni. Con gli strumenti appresi adesso è in grado di impiegare meno tempo nella risoluzione dei suoi ostacoli interiori.
Ed è proprio il tempo che fa la differenza nella preparazione mentale dell’atleta e dell’allenatore.
Quante volte succede che atleti restano bloccati per anni prima di affrontare il proprio gioco interiore?
Avere degli strumenti e soprattutto tanta consapevolezza dei propri meccanismi, permette di impiegare meno tempo per riattivarsi e andare avanti. Questo per chiarire il concetto che gli errori sono sempre in agguato, le cadute pure ma se si è consapevoli di come affrontarli, il tutto si trasforma in una lezione da imparare perché o si vince, o si impara non si perde mai.
Ringrazio di cuore Filippo per essersi messo in gioco come atleta e soprattutto come allenatore per migliorare le sue competenze e trarre il meglio dai propri giovani allievi. Tutto questo non è scontato perché nello sport rari sono i casi in cui gli allenatori/trici si lasciano affiancare nel come comunicano con i propri atleti.
Se vi piace il padel e avete bisgono di un istruttore ecco i riferimenti di Filippo:
Filippo Mangani istruttore di 2 livello padel Fit
Presso Eolo Sport city di Busto Arsizio Corso Sempione 194/6
Telefono:328 9062038 oppure 3313886880
(Foto archivio personale Filppo Mangani. Intervista autorizzata)
p.s. Se vuoi iscriverti alla mia newsletter ti assicuro che non riceverai spam. Detesto per prima lo spam fastidioso. I miei lettori ricevono ogni tanto qualche mail. Soprattutto per segnalare l’uscita di nuovi articoli.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Grazie
un abbraccio
Aurora
Leave a Reply