La paura del cambiamento
“Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo. Alcune ci riportano indietro e si chiamano ricordi. Alcune ci portano avanti e si chiamano sogni.” Jeremy Irons
Alzi la mano chi non ha tra l’elenco delle sue paure, quella di affrontare il cambiamento. Forse sei tra i fortunati a non essere attaccato da questo virus dispettoso. Si diverte a paralizzare ogni azione del tuo corpo per impedirti di oltrepassare il confine della zona di comfort. La zona dove la tua mente si sente a suo agio, tranquilla, circondata dalla complicità delle sua care amiche altrimenti dette: abitudini e convinzioni limitanti che non ci pensano proprio a lasciarti andare per esplorare nuovi mondi. E quando stai per decidere di compiere il salto nel buio, lei preoccupata si inserisce puntuale come un orologio svizzero; diventa la colonna sonora delle tue giornate; un disco interrotto sempre allo stesso punto che ti ripete:
E se dovessi fallire? E se la scelta fosse sbagliata, sai quante critiche dovrai sopportare. Ma chi te lo fa fare, dai restiamo qui; è più comodo…
La buona notizia è che se ti impegni mettendoti in gioco, rischiando anche qualche mese di sofferenza, la paura del cambiamento si trasforma in una piacevole scoperta traducibile con poche parole in: “tutto qui? pensavo peggio…”
La cattiva notizia è che per superarla non ti occorre una tecnica miracolosa, o caricarsi di video e musica motivazionali. Serve qualcosa di più, che va oltre e proviene dallo stesso luogo da dove nasce la paura. Curioso vero? Lo so che vorresti sapere tutto e subito: ma cominciamo a mettere in moto i tuoi fantastici neuroni :-); pertanto ti invito a capire da solo come potresti risolvere la questione.
Siccome mi sento buona oggi, ti do un piccolo aiuto da casa. Attraverso la storia della pallanuotista Roberta Bianconi, medaglia d’argento ai Giochi Olimpici di Rio 2016 con il Setterosa, due volte miglior giocatrice d’Europa, puoi apprendere una strategia efficace per affrontare questa paura; perché puoi sentirla ma non puoi toccarla. Allora com’è possibile superare qualcosa che di fatto non è materia?
Nel caso tu non conosca questa grande atleta azzurra, guardati questo brevissimo video dei Mondiali 2015 in Kazan (durata 0:51). Così per la tua mente sarà più facile entrare nel suo mondo e poter cogliere le sfumature delle sue parole.
Inizio
Roberta nasce a Rapallo da una famiglia di pallanuotisti: all’inizio ha provato a uscire fuori dal coro famigliare praticando nuoto sincronizzato; ma la natura, il destino, il fato, insomma quello che vuoi tu :-), ha fatto sì anche lei scegliesse la palla gialla. Una volta a dire il vero era color rosa, ma questa è un’altra storia…
Tutto procedeva per il meglio: le piaceva il gioco di squadra, si divertiva e si trovava bene con le sue compagne, fino a quando un giorno, all’età di 16 anni, arriva la chiamata dalla società più titolata in Italia e in Europa: l’Orizzonte Catania.
E come se un ragazzino che gioca a calcio ricevesse la proposta dalla Juventus: pronti via sarebbe già sul primo volo per Torino. Quindi leggendo questa storia, ti aspetterai di trovare Roberta alle pendici dell’Etna a gustarsi una granita alle mandorle con le sue nuove compagne di squadra prima della partita
(così giusto per ricaricarsi… ognuno ha la sua routine… se funziona :-)!! Athýke ).
Invece mi dispiace deludere le tue aspettative ma la giovane pallanuotista, rispose: “No grazie, da casa non mi muovo.” La società catanese continuò più volte negli anni successivi, ma la risposta fu sempre la stessa, fino a quando la granita si sciolse e con lei ogni speranza di portarla a Catania.
La vita però è strana e quando si mette in testa – si forse anche lei ne ha una più forte della nostra- , che vuole farti capire qualcosa, con pazienza fa in modo di darti nuovi segnali per smuovere quelle famose amiche tue: abitudini e convinzioni limitanti che non sempre è un bene averle come compagne di viaggio quando sono cattive
Una nuova opportunità
Ecco che arriva una nuova opportunità stavolta dalla Grecia. L’Olympiakos, tra le squadre elleniche più forti sia in terra greca che nel panorama europeo, le propone di trasferirsi al Pireo.
“A ridaglie con questo trasferimento…”
…immagino si lamentasse la mente di Roberta. Tant’è che impiegò due mesi prima di dare risposta alla società greca. Nel frattempo l’allenatore chiedeva notizie ai suoi colleghi in Italia e tutti gli davano la stessa versione. Gli consigliavano di lasciar perdere ormai era risaputo che Roberta non si sarebbe mai mossa da casa.
Ecco però arrivare all’improvviso il colpo di scena: l’azzurra pur essendo terrorizzata dall’idea di lasciare la sua città, passò il tempo a domandarsi se ne sarebbe valsa la pena di rischiare: alle volte si sentiva sicura, altre volte ritornava in uno stato di incertezza nel compiere un passo troppo grande per lei.
«Alla fine come hai superato la paura del cambiamento?»
Prima di dare conferma ho impiegato tantissimo tempo. Tant’è che all’allenatore della società gli dicevano che questo trasferimento non sarebbe mai avvenuto. L’idea di lasciare casa mi metteva paura, la stessa che mi fece dire di no in passato.
Poi un giorno ho sentito dentro di me l’esigenza di cambiare, di mettermi alla prova vivendo un’esperienza del tutto nuova. Spinta dalla voglia di superare il blocco di parlare in inglese, di andare a vivere da sola, accettai. Quando nell’ambiente giunse la notizia rimasero tutti stupiti perché non se l’aspettavano. Ed è stata la scelta più bella che potessi fare nella mia vita.
«Com’è stato l’impatto visto le premesse e cosa ti ha insegnato quest’esperienza»
Il primo mese una vera tragedia greca ( ridiamo); piangevo tutte le notti chiamavo sempre a casa. Poi quando ho iniziato a vivere le mie compagne di squadra, a conoscere i luoghi, mi è passato tutto perché mi sono sentita a casa.
Da questa esperienza ho imparato ad adattarmi a una lingua che non conoscevo. Ero bloccata nel parlare anche l’inglese; non riuscivo a dire nulla. Allora ho deciso di imparare le cose nuove della pallanuoto cui non ero abituata, osservando le mie compagne, rimanendo il più attenta possibile. Non parlando poi una parola di greco, l’osservazione rimaneva quindi la mia unica alternativa. Allo stesso tempo mi sono accorta che con questa modalità ho migliorato la mia attenzione e la concentrazione.
Nel frattempo piano piano studiavo inglese, cercavo di mettere in pratica le cose che osservavo e nel modo di giocare di questa squadra, mi sono trovata subito a mio agio perché è molto meno schematico lasciando spazio anche alla fantasia dell’atleta, affinché possa seguire il suo istinto. A me piace giocare così e quindi questo mi ha aiutato a inserirmi con facilità; mi divertivo e tutto arrivava con spontaneità vivendo più sciolta le situazioni. Quindi il primo blocco sentivo di averlo superato a pieni voti
« E se oggi dovessi guardarti indietro, cosa pensi della Roberta paurosa di affrontare il cambiamento? Ti sei resa conto che da sola ti sei trovata una strategia efficace?»
Adesso che ne sto parlando con te si perché non è stata una cosa studiata, pensata; è arrivata da sola. Noto che il meccanismo si ripete automaticamente; anche adesso che mi sono trasferita finalmente a Catania (ridiamo), sto sempre prima in osservazione del gruppo, vedo come giocano, quali meccanismi possiedono, perché sono io che devo riuscire a entrare nel loro mondo e non il contrario.
Per ottenere questo risutlato più velocemente mi rendo conto che osservo molto.
«Cos’altro ti ha insegnato la Grecia?»
Mi ha colpito molto l’attaccamento ai colori della squadra; pensavo di averlo anche io perché ovunque vado mi sento legata ai colori della società. Ma all’Olympiakos è successa una magia: ho capito di essere in una grande famiglia, grazie alla società, alle mie compagne di squadra, persino i tifosi ti facevano sentire a casa. Non hai idea di quanti mi hanno scritto il giorno che sono andata via; erano orgogliosi di me, mi ringraziavano e fino a ieri uno dei nostri tifosi più affezionati, che ci seguiva anche in trasferta, mi ha scritto che adesso tiferà Ekipe Orizzonte Catania e spera di rivedermi. Queste sono le cose che mi hanno fatto innamorare della Grecia, dell’Olympiakos e ancora di più di questo sport.
«Com’è stato vivere in un posto diverso da casa tua?»
Ogni giorno è stata una scoperta. Ho visto tanti posti nuovi e tra tutti m i sono innamorata di Sunio il promontorio dove si trova il tempio di Poseidone. È in cima ad una scogliera, intorno c’è il nulla, solo il mare da una parte e la terra dall’altra, ma la città non si vede: un paradiso.
«Cosa ti senti di consigliare alle persone che hanno paura del cambiamento?»
Premesso che io sono così e ora che sto cominciando l’ennesimo cambiamento della mia vita trasferendomi a Catania e per altri motivi personali, riesco a comprendere il bello e il brutto di quest’ultima situazione. Ho capito che ho un ritmo molto lento nella fase di adattamento; la botta della novità la sento subito e vedo che mi destabilizza tanto. Ho bisogno dei miei tempi per ambientarmi; e come se entrassi in uno stato non dico di panico, ma ci siamo vicino. Poco alla volta vivendo situazione per situazione mi sveglio da una sorta di trance e mi rendo conto di ciò che è accaduto.
Se dovessi dare un consiglio direi: nel bene e nel male vivi le tue paure. Solo vivendo puoi capire perché ti spaventano; sono dolorose ma è l’unico modo per conoscere poco alla volta sé stessi; per diventare una persona migliore e un giorno poter dire di essere felice e orgogliosa di te stessa.
Quando arrivo in una nuova squadra come adesso, mi capita tantissimo di rivedere nella mia mente “il film della Grecia” e mi viene da ridere al pensare quanto fossi stata sciocca a stare male per un mese. Se fossi stata più tranquilla e serena, tutto quel malessere non ci sarebbe stato. Mi vedo com’ero prima e ciò che sono diventata adesso posso dire di essere orgogliosa di me e di quello che ho fatto.
Il segreto di essere squadra
«Adesso che sei a Catania è cambiato qualcosa?»
Se c’è una cosa che mi ha insegnato la Grecia più di ogni altra è la forza di volersi bene: tredici ragazze diverse di età si andava dai 16 anni ai trenta e nonostante i vari litigi o battibecchi, normali direi, ci si voleva bene l’una con l’altra prima di tutto come persone, e dopo come atlete. Questa è stata la cosa che mi ha permesso di capire come approcciarmi successivamente con le altre squadre e in nazionale quando devo affrontare una nuova situazione: conoscere prima le persone e poi l’atleta. E quando sono arrivata a Catania sono stata accolta benissimo, si sente questo clima di famiglia. L’unica cosa che mi ha detto Rosaria Aiello – compagna di squadra e di nazionale ma soprattutto tra le mie migliori amiche -, mi ha consigliato subito di imparare a parlare in catanese 🙂 per forza. (ridiamo)
« Cosa ne pensi dell’approccio allo sport dei giovani atleti?»
Ogni tanto con le mie compagne di club e nazionale Rosaria Aiello e Arianna Garibotti (ndr capitano Ekipe Orizzonte Catania) ne parliamo: vediamo che le piccole non hanno tanta voglia di sopportare la fatica; alla prima difficoltà mollano.
Alle giovanili sono cresciuta con un allenatore che mi ha portato a superare i miei limiti: tre mesi in collegiale tutta l’estate perché c’era un europeo da disputare e ci allenavamo due volte al giorno tutti i giorni. Senza mai tornare a casa; lontana dalla famiglia, dagli amici tutto per poter giocare a pallanuoto e coltivare il sogno olimpico. Credo sia stato in quella circostanza il momento in cui ho sentito la passione crescere dentro di me sempre di più perché quando una ragazza di sedici anni è disposta a sacrificare le vacanze e tutto il resto allora è motivata a compiere tutti questi sacrifici.
L’atleta giovane di oggi a parole dichiara di voler andare alle Olimpiadi; ma per raggiungerle devi dare il sangue; non realizzi un sogno fermandoti alla prima seduta di nuoto. Ogni tanto notiamo che qualcuna esce dall’acqua stanca morta, distrutta dall’allenamento. Allora noi le diciamo “Hai passato solo il primo allenamento e sei già distrutta? fidati che oggi sei fortunata è quasi una pacchia, entra nella mentalità di faticare perché la fatica vera è quella di allenarsi tutti i giorni cercando di superare i propri limiti e resistendo alla fatica stessa. Solo cosi puoi raggiungere i tuoi obiettivi”.
In partita si creano le situazioni che vivi in allenamento; e quando in questa fase ti senti il cuore in gola è esattamente la stessa cosa che ti succede in partita con la differenza di sentirla triplicata. Ci sono dei momenti in cui ti senti distrutta, ti senti tutto bruciare dentro, con il cuore che scoppia dalla fatica, però vai avanti.
Ecco quell’andare avanti ti riesce grazie agli allenamenti non solo dei mesi prima, ma anche degli anni precedenti, perché ogni allenamento ti insegna a resistere un po’ di più alla fatica. Infatti il nostro motto anche con Tania Di Mario (ndr ex capitano Setterosa Oro Atene 2004 e Argento a Rio 2016) ai tempi della Nazionale: un mattoncino alla volta. Ogni allenamento è un mattoncino: da lì costruisci il tuo bel muro che diventa la tua fortezza. Nessuno può abbatterla e ti senti pronta a tutto.
«So che ti piace molto leggere. Quale genere preferisci e perché»
Leggo tante biografie perché mi piace conoscere le storie delle persone; voglio capire il come sono riuscite a superare le situazioni difficili. Alle volte mi rendo conto che sono simili a quelle vissute da me; questo mi aiuta a comprendere in che modo posso scegliere di reagire. Ho letto quella di André Agassi, di Alessandro Del Piero e Nelson Mandela.
EPILOGO: L’arte di cambiare prospettiva
“Il bruco è una farfalla inconsapevole di essere capace di volare in alto verso i suoi sogni”.
(Athýke)
La storia di Roberta me la immagino come un bruco inconsapevole della propria forza preso dalla paura di trasformarsi. Quando decide di superarla, si accorge che si tratta di un momento molto doloroso dove si è soli con sé stessi e occorre spingere con tenacia per liberare le ali da troppo tempo avvolte nel buio.
Ma quando finalmente si accorge di essere diventata una bellissima farfalla assapora il gusto di volare libera dalle paure e di capire che il cambiamento è necessario per trasformarsi in qualcosa di ancora più bello e sempre diverso.
Allora se questa è la sensazione del cambiamento vale la pena rischiare oppure no?
Se anziché viverlo come una calamità naturale, lo si guarda da un’altra prospettiva, alla fine capirai che è proprio il cambiamento che ci rende vivi, felici, passando certo dalla paura, dalla sofferenza; ma anche quest’ultime hanno la loro funzione. È la vita!!
Rimane una tua scelta restare un bruco… oppure rischiare di diventare una farfalla :-)!
Però ti invito ad allenarti tutti i giorni al cambiamento con semplici azioni quotidiane; anche se pensi che possano sembrare stupide… falle; perché non è importante il contenuto, ma l’azione dell’agire fuori dalla zona di comfort, per creare nuove sinapsi neurologiche allenate al camabiamento.
La voce della paura, che circola all’interno della tua MENTE,
la risolvi entrando in azione con il CORPO.
Cambia strada ogni giorno, il bar dove fai colazione, evita di prendere sempre la stessa pizza e marca di birra.
Cambia posto a tavola, cambia genere di film da guardare o libro da leggere; in poche parole cambia.
Questo non impedirà alla paura del cambiamento di arrivare: risolta una ne arrivano altre; è un ciclo continuo. Ma una volta che hai compreso qual è il meccanismo giusto per te, impiegherai meno tempo e sarà più semplice affrontarla.
Ringrazio di cuore Roberta per avermi affidato i suoi ricordi e le sue emozioni, permettendomi di dare loro una voce attraverso la scrittura.
Grazie
Aurora
Se ti è piaciuto l’articolo ti chiedo di condividerlo per diffondere la cultura dello sport e le storie di atleti cui ispirarsi.
(immagini di Roberta Bianconi. Altre immagini google e video youtube)
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